Nigrizia, la rivista dei missionari comboniani dedicata all’Africa, ci racconta in un brevissimo articolo la recente decisione del governo namibiano di vietare quasi completamente l’esportazione di terre rare e altri minerali critici non lavorati.
L’obiettivo del governo namibiano è quello di ridurre la propria dependenza dall’esportazione di materie prime e favorire lo sviluppo di una filiera industriale di trasformazione, in grado di generare maggiore valore aggiunto e supportare la creazione di una base industriale nel Paese.
Questa decisione, che non impedirà l’esportazione di «piccole quantità» dei minerali in questione, arriva mentre il paese sta attraendo sempre più investimenti nel settore minerario, grazie alle grandi riserve di metalli strategici. Oltre alle compagnie minerarie come Andrada Mining o Namibia Critical Metals, che stanno lavorando per sfruttare rispettivamente il litio e le terre rare, il governo ha firmato un accordo nel 2022 per fornire all’Unione europea minerali critici, assicurando che la loro lavorazione avvenga al livello locale.
Un altro breve articolo di Reuters ci aiuta a mettere questa decisione nel contesto più generale dei mercati delle commodities africane. La Namibia è già oggi uno dei principali produttori mondiali di diamanti ed uranio, ma dispone anche di grandi riserve non sfruttate di litio e di terre rare come terbio e disprosio, fondamentali per l’industria delle batterie e dei motori elettrici. Altre nazioni con forti interessi minerari, come lo Zimbabwe, hanno recentemente messo in atto simili politiche di contenimento delle esportazioni delle materie prime
Another African lithium producer Zimbabwe banned lithium ore exports last December, allowing only concentrates to be shipped out. Zimbabwe has said it wants lithium miners operating in the country to work towards producing battery-grade lithium locally and could impose a tax on exports of lithium concentrate in future.
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