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Napoleone giardiniere

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Il Washington Post in un articolo di Michael Dirda lo scorso anno ha presentato un nuovo libro sulla vita di Napoleone Bonaparte. Napoleon, a life in gardens and shadow è un lavoro di Ruth Scurr, scrittrice, storica e critica letteraria britannica.

Nel suo libro, Scurr traccia l’ascesa e la caduta di Napoleone con appena uno sguardo alle sue battaglie, manovre politiche e amanti (ce n’erano almeno 21). Invece, impariamo a conoscere l’orto che il giovane Bonaparte teneva mentre era a scuola, la sua successiva attenzione agli spazi verdi quando intraprendeva il rinnovamento urbano in Egitto, Italia e Francia, il suo piacere di passeggiate riflessive nei boschi e la sua inclinazione per la progettazione del paesaggio neoclassico. Le linee rette, osserva Scurr, insieme a “precisione e ordine erano fondamentali per la sua estetica”. Al contrario, la prima moglie di Napoleone, Josephine, insistette su un ambiente naturale simile a un parco – lo stile inglese – per Malmaison, la loro residenza privata. Come imperatrice, collezionava ossessivamente piante e animali da tutto il mondo e apparentemente era la prima persona ad allevare cigni neri in cattività.

L’imperatrice Giuseppina è passata alla storia del giardino per la sua collezione di rose, i cui esemplari si faceva spedire dai suoi agenti sparsi in tutto il mondo. E per aver commissionato a Pierre-Joseph Redouté, valente pittore e botanico che per i suoi acquerelli fu soprannominato «Il Raffaello dei fiori», l’illustrazione delle rose della Malmaison. La relazione tra Napoleone e i giardini, o più in generale il mondo naturale, è invece al centro del lavoro di Ruth Scurr.

What did Napoleon do during his six-year confinement on that tiny South Atlantic island? He grew flowers (the roses died), planted trees, constructed an aviary and harvested peas and beans. An engraving shows him wearing a straw peasant’s hat and leaning on a spade. In fact, contends Ruth Scurr in “Napoleon: A Life Told in Gardens and Shadows,” this world-shaking military genius had always turned to the natural world — and to two- or three-hour long baths — for succor from the ills of the spirit or the burdens of power.

Di questo libro ne ha parlato anche The Spectator in una recensione di David Crane.

It is the ambivalent relationship of Napoleon — the man who consigned Brumaire, Frimaire, Thermidor, Fructidor and all the rest of the revolution’s newly minted months to a semi-comic footnote of history — to the natural world that is the subject of Scurr’s new biography. The last thing that anyone needs, as she is the first to recognise, is another conventional life, and what she has done instead is ‘ground’ Napoleon, as she puts it, from his Corsican childhood and schooldays at Brienne to his last residence on St Helena, ‘in a series of gardens where the shadows he casts are various and changeable, plural not singular’.

C’è poco in questo libro che suggerisce che le idee di Napoleone sui giardini o sui suoi gusti fossero originali o interessanti, eppure l’uomo che vediamo attraverso questi giardini – l’amante delle linee rette e degli schemi grandiosi – è fin troppo riconoscibilmente lo stesso micro-manager accentratore e controllante che ha deciso di imporre la sua volontà all’Europa e il suo codice civile alla Francia.

Sul tema anche L’Inchiesta presenta un estratto del libro di Luigi Mascilli Migliorini “L’ultima stanza di Napoleone, memorie di Sant’Elena”.

Confinato per sempre sull’isola di Sant’Elena, l’ex imperatore di Francia dovette trovare modi per superare la noia delle lunghe giornate di prigionia. Come spiega Luigi Mascilli Migliorini nel suo ultimo libro (pubblicato da Salerno), organizzare la coltivazione delle aree vicine alla casa gli restituì quell’antico e glorioso ruolo di comando.

E infine Napoleon’s garden island il libro di D.P. McCracken, edito da Royal Botanic Garden Edinburgh (2022):

C’è molto di più a Sant’Elena di un imperatore in esilio; la piccola isola nel mezzo del selvaggio Oceano Atlantico meridionale ha un ricco patrimonio di giardini e una flora straordinariamente diversificata, sia esotica che endemica. Questa fu la conseguenza del fatto che Sant’Elena fu lo scalo per le vaste flotte della Compagnia delle Indie Orientali provenienti dall’est sulle rotte per l’Europa che trasportavano, insieme alle spezie, piante provenienti da Cina, Malesia e India. Sant’Elena divenne un centro botanico che comprendeva anche il giardino di Napoleone (è un fatto curioso che il giardiniere più entusiasta che Sant’Elena abbia mai avuto fosse l’imperatore Napoleone Bonaparte!) e il giardino della tenuta di campagna del governatore a Plantation House.


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