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Nuove frontiere dell’alpinismo mediatico

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Un’alpinista norvegese, Kristin Harila, sta spingendo il collezionismo di 8.000 oltre quello che si riteneva umanamente possibile. Ne parla MountainBlogItalia.

La norvegese Kristin Harila, 37 anni, che inizialmente puntava a scalare tutte le 14 montagne più alte del mondo in 6 mesi, ha dichiarato di voler completare il suo progetto in metà del tempo previsto. Harila, rientrata a Kathmandu martedì 6 giugno dopo aver salito l’Annapurna, vorrebbe raggiungere l’obiettivo in soli tre mesi. Ricordiamo che ha già conquistato otto Ottomila in 40 giorni.

La storia di questa sfida viene raccontata anche sulle pagine di MontagnaTV.

La norvegese aveva il proposito di salire tutte le cime senza utilizzare ossigeno supplementare, ma sembra averlo abbandonato. Il progetto di Harila, sebbene abbia sollevato molte polemiche, è sicuramente ambizioso e destinato a distinguersi battendo molti record. Tuttavia, è necessario tenere a mente che l’impresa della norvegese è ben lontana da quelle dei primi salitori dei 14 Ottomila. Ossigeno, nutriti team di sherpa, corde fisse ed elicotteri sono tutti “supporti” che hanno cambiato il significato di queste imprese, anche se le montagne più alte della Terra sono sempre le stesse e il loro fascino rimane immutato.

Sul New York Times  David Gardner ripercorre il primo tentativo fallito  (link alternativo) da Harila a causa della mancata concessione da parte del governo cinese del permesso per entrare in Tibet.

Ex sciatrice professionista, guardia carceraria femminile e dirigente di un’azienda di mobili, Harila ha raggiunto la sua prima vetta di 8.000 metri solo nel 2021. Ma in quel primo tentativo, si rese conto che poteva essere una scalatrice d’élite: registrò un record non pianificato, diventando la donna più veloce di sempre a scalare l’Everest e il Lhotse, raggiungendo entrambe le vette in meno di 12 ore. (Ha battuto di nuovo quel record nel suo tentativo di 14 vette l’anno scorso.)

Intanto sabato 10 giugno il team di sherpa di Seven Summit Treks e Kristin Harila hanno scalato con successo il Manaslu (8,163 m), il nono ottomila in 44 giorni, come si legge su MountainBlog che riporta anche le polemiche seguite a questa nuova impresa.

Il 9 giugno, Mingma G di Imagine Nepal ha contattato la giornalista Angela Benavides di ExplorersWeb per condividere il video di un elicottero che sorvola il Manaslu. Mingma G sostiene che il team di Harila sta usando gli elicotteri per trasportare gli sherpa ai campi più alti, aprendo la via dall’alto invece di progredire dal basso facendosi strada sulla montagna.

La risposta dell’alpinista non si è fatta attendere:

Ho sempre condiviso apertamente i tracciati, in modo che le persone potessero vedere dove salivo e dove mi fermavo per le soste. Ho avviato e stoppato il mio tracker su ogni salita che ho realizzato. Oltre al mio tracker, abbiamo anche effettuato delle riprese durante la scalata, che costituiscono un’ulteriore prova.
Per me è molto importante essere trasparente, perché nessuno può rivendicare un record senza prove. Le false accuse non solo mettono in dubbio la mia reputazione e il mio record, ma compromettono anche la reputazione di Seven Summits Treks e degli Sherpa con cui arrampico. È ingiusto e disonesto diffondere false affermazioni sulle mie scalate quando ho le prove che dimostrano che sono sbagliate. Per esempio, Mingma ha detto che ho scalato fino al C3 sull’ Annapurna, ma il mio tracker mostra chiaramente che ho trascorso 10 ore a C2 a riposare.


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