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Oggi per il miglioramento genetico della vite più ostacoli di legge che scientifici [IT+EN]

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A cura d @lelio2 e integrato da @f2a e @Ogeid3.

In Questo video ospitato su Winenews il Prof. Michele Morgante descrive le difficoltà, non di fattibilità ma legislative, nell’introduzione di vitigni che permetterebbero di diminuire significativamente l’utilizzo di pesticidi (e di metalli pesanti come il rame) nella viticoltura.

L’argomento era stato trattato anche dal Sole 24 Ore.

Si tratta di dieci varietà selezionate attraverso incroci dall’Università di Udine e dai Vivai cooperativi Rauscedo, tutte discendenti da vitigni internazionali (Soreli, Sauvignon, Fleurtai, Merlot, Cabernet solo per citarne alcuni) e che sono state inserite nel registro nazionale delle varietà di vite ma che per passare alla fase della coltivazione in campo necessitano dell’approvazione da parte di 19 regioni e due provincie autonome. Insomma non proprio una strada spianata. A queste vanno aggiunte le nuove frontiere della cisgenetica e del genome editing sui quali si è invece abbattuta la scure della Corte di giustizia Ue che nel luglio dello scorso anno ha equiparato queste tecniche (in grado di aumentarne la resistenza ai patogeni) agli Ogm.

Sulla sentenza della Corte di Giustizia Europea si possono leggere un articolo apparso all’epoca su Science Magazine e uno della botanica Vittoria Brambilla pubblicato sul sito Agrarian Sciences.

A seguito di questa sentenza, piante ottenute tramite CRISPR, che è la tecnica di Genome Editing più usata, potranno essere cresciute in campo solo dopo l’acquisizione di permessi e commercializzate dopo aver soddisfatto prove onerose. La sperimentazione con piante CRISPR sarà pertanto resa difficoltosa per gli enti di ricerca pubblici e la commercializzazione di piante CRISPR sarà, come già avviene per gli OGM, limitata a chi possa sostenere i costi della burocrazia, che non sono di certo le università e la ricerca pubblica.
Ma per capire come mai si sia finiti ad accorpare organismi CRISPR agli OGM dobbiamo ritornare alla definizione di OGM, contenuta nella Direttiva 2001/18/EU. Essa afferma che sono da considerarsi OGM organismi “il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura”(art.2) e pertanto tutti gli organismi in cui l’uomo ha operato attivamente per modificare il DNA. Sarebbero quindi OGM non solo gli organismi originati dall’introduzione di transgeni (geni proveniente da altri organismi) ma anche quelli ottenuti da mutagenesi “classica”, cioè ottenuti tramite mutazioni casuali nel DNA per esposizione ad agenti chimici, radiazioni ionizzanti o coltura in vitro.

Immagine da Wikipedia


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