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Petrolio o migranti, i traffici tollerati tra Libia, Malta e Italia

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Secondo Nello Scavo di Avvenire le milizie libiche dovendo rallentare la frequenza dei barconi hanno imbastito un colossale contrabbando di petrolio con la collaborazione di faccendieri maltesi e mafia siciliana. A riprova cita indagini di procure italiane e relazioni di inviati delle nazioni unite.

Impossibile che in Libia nessuno veda. In totale «esistono circa 20 reti di contrabbando attive, che danno lavoro a circa 500 persone», spiegano gli esperti Onu. Manodopera da aggiungere alle migliaia di libici arruolati dagli stessi gruppi per controllare il territorio, gestire il traffico di esseri umani, combattere per le varie fazioni.

Nelle stesse relazioni emerge l’ipocrisia internazionale intorno a Tripoli, le cui autorità, possono platealmente permettersi di farsi beffa delle Nazioni Unite. È così che saltano  fuori le coperture concesse ai militari implicati nel contrabbando di petrolio, armi ed esseri umani. Atti ufficiali che già all’inizio del 2020 erano noti al Consiglio di sicurezza e a Paesi, come l’Italia, che in Libia mantengono interessi strategici rilevanti.

Documenti in cui gli ispettori ONU sono costretti a riportare risposte disarmanti. Come quando chiedono ai funzionari di Tripoli perché alcuni trafficanti, pur ufficialmente estromessi da incarichi pubblici, continuino invece a navigare a bordo delle motovedette libiche. La risposta? «Serve al morale dei guardacoste».

Immagine da Wikimedia.


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