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Poster giapponesi del ventesimo secolo (fino al 2/9/23) [EN]

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Poster House ospita fino al 2 settembre 2023 a New York una nuova mostra dedicata alla poster art in Giappone durante il novecento con l’intento di mettere in luce la funzione di questa particolare forma d’arte, che ha rappresentato la società giapponese, contribuendo allo stesso tempo a modellarla. La mostra si intitola “Made in Japan: 20th Century Poster Art”.

Il design del poster giapponese riflette la ricca cultura visiva e la tradizione della stampa del paese ed è stato utilizzato per tutto il 20° secolo per rappresentare il paese al pubblico nazionale e internazionale. Due guerre mondiali, oltre alla rapida industrializzazione, all’urbanizzazione e all’ascesa dei mass media, hanno trasformato radicalmente il Giappone moderno e il suo ruolo specifico sia come aggressore che come vittima della guerra ha rafforzato gli sforzi della nazione per rinnovare la sua immagine. In questo contesto, i manifesti sono diventati una forma d’arte commerciale essenziale che ha fuso l’identità moderna con il consumismo, rispecchiando e plasmando i valori sociali, politici e ideologici del tempo.

Anche Creativereview presenta sulle sue pagine questa mostra e illustra le funzioni e i ruoli del design nel Giappone del dopoguerra, quando veniva utilizzato per promuovere la ripresa e la prosperità. Le opere in mostra sono infatti state tutte realizzate dopo la seconda guerra mondiale.

La nazione aveva appena attraversato la seconda guerra mondiale, che si era sovrapposta alla seconda guerra sino-giapponese. Durante la guerra, il design – come spesso accade con i conflitti di massa in qualsiasi parte del mondo – è stato sfruttato per la propaganda e altri obiettivi nell’interesse della nazione, come il razionamento.  Se questo era il ruolo principale del design nel Giappone in tempo di guerra, in seguito assunse funzioni diverse. Il design era una risorsa per lo stato, che era desideroso di riconfigurare il modo in cui appariva agli occhi della sua popolazione e al resto del mondo. La mostra descrive come la nazione avesse fino ad allora un’immagine di “aggressore e vittima della guerra”, nessuna delle quali avrebbe servito bene le ambizioni economiche e culturali del Giappone. Durante i sette anni di occupazione alleata del Giappone dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti “hanno imposto un’agenda di smilitarizzazione e democratizzazione”, spiegano i curatori, Nozomi Naoi e Erin Schoneveld: “La propaganda giapponese del tempo di guerra è stata sostituita da temi che promuovono la ripresa, la pace e la prosperità, e il design di manifesti commerciali ha svolto un ruolo cruciale nel trasformare l’immagine popolare internazionale del Giappone attraverso la lente dello scambio culturale”.

The Guardian presenta infine una galleria di alcune opere esposte corredata di interessanti didascalie esplicative: ci sono opere che mettono in evidenza lo stile sperimentale che combinava immagini occidentali con motivi e simboli giapponesi, mentre altre fanno riferimento ai progressi tecnologici rendendo allo stesso tempo omaggio alle forme d’arte tradizionali del Giappone.
Un poster promuove i nuovi colori ad olio di qualità di una famosa casa di produzione giapponese di materiale per gli artisti, un altro fa parte dei poster realizzati per illustrare le edizioni giapponesi dei libri di Life Science Library. Si passa poi ai popolari giochi da tavolo di sugoroku che venivano creati come pubblicità, stampati su carta in formato poster e inclusi come supplementi a riviste femminili; è presente anche una versione serigrafica di qualità superiore di un tabellone di gioco sugoroku che Tanaami ha progettato come supplemento all’edizione giapponese di Weekly Playboy del 9 luglio 1968.
Troviamo nella galleria di The Guardian anche il primo poster di una campagna che aveva lo scopo di trasmettere la speranza per la pace dopo il devastante bombardamento di Hiroshima insieme a un’opera associata al wabi-cha, uno stile di cerimonia del tè caratterizzato da semplicità, sobrietà e bellezza austera.
Nel 1970, dopo la positiva risposta internazionale alle Olimpiadi di Tokyo del 1964, il Giappone ospitò la sua prima Esposizione Universale, il cui poster ufficiale destinato all’estero dà una interpretazione minimalista e geometrica dei cinque petali di un fiore di ciliegio. Anche il gusto giapponese per gli alcoolici in stile occidentale come vino e whisky trova spazio sui poster promozionali, così come i drammi televisivi tratti dai romanzi giapponesi.


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