A cura di @NedCuttle21(Ulm) e su suggerimento di @Anna.
In un articolo pubblicato su Il Tascabile, il pittore e tatuatore marchigiano Ciro Fanelli prova a far luce sulla controversa storia della tradizione del tatuaggio lauretano analizzando criticamente alcuni frammenti del saggio Costumi e superstizioni dell’Appennino Marchigiano, scritto nel 1889 dalla folklorista Caterina Pigorini Beri.
Del santuario di Loreto ho sentito parlare spesso negli ultimi anni in relazione ai tatuaggi dei suoi devoti, i tatuaggi lauretani. Nel 2014 Albero Niro Editore ha ripubblicato un saggio del 1889, I tatuaggi sacri e profani della Santa Casa di Loreto. Tutte le informazioni reperibili sul tatuaggio lauretano hanno come punto di partenza questo testo di tale Caterina Pigorini Beri. Io tatuo e sono marchigiano ma di questa tradizione così ben localizzata, radicata e definita nel tempo non avevo mai sentito parlare prima della riedizione del libro. Questo saggio di poche pagine altro non è che un capitolo estratto da un volume ben più complesso e grande scritto dalla Pigorini Beri nel 1889 dal titolo Costumi e superstizioni dell’Appennino Marchigiano.
L’autrice era un’insegnante di origini emiliane che lavorava presso il Convitto Femminile della città di Camerino, di cui sposò il sindaco, l’avvocato Antonio Beri, ragion per cui il suo metodo di ricerca non è infallibile: poco aderente alla realtà, spesso romanzato, propone teorie affascinanti non supportate da fatti e documenti verificabili, un po’ come tutta la storiografia lauretana sulla quale tornerò poi (del resto lo stesso Monaldo Leopardi ci ricorda artatamente la storia di Romolo per giustificare l’assenza di prove concrete di una storiografia che in realtà è racconto agiografico e non storico). Diceva infatti la Pigorini, che scriveva per diletto e non aveva una preparazione scientifica: “Le ricerche scientifiche hanno questo di attraente, che dando a tutte le cose la loro ragione di essere, non lasciano tranquillo chi se ne occupa, se manca solo un anello nella catena delle umane armonie.”
Immagine da Wikimedia.
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