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Vincitori e vinti della globalizzazione

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L’OCSE pubblica un contributo di Nicolas Lamp e Anthea Roberts, giuristi per varie organizzazioni internazionali, dal titolo Six Faces of Globalization: Who Wins, Who Loses, and Why It Matters.

I ricercatori partono da un famoso grafico (il «grafico dell’elefante»):

Grafico reso famoso da Branko Milanovich

La rappresentazione ha sull’asse delle ascisse il reddito e su quello delle ordinate la variazione dello stesso reddito nel periodo 1988–2008. Viene detto appunto «elefante» perché illustra chiaramente come la globalizzazione non sia uno scenario win-win: vi è un corpo robusto (costituito dalle fasce più basse di reddito) che ne trae vantaggio, i vantaggi si inabissano all’ottantesimo percentile per poi altrettanto rapidamente schizzare in alto verso l’un percento della popolazione più ricco. La parola «globalizzazione» quindi significa cose diverse per persone diverse e talvolta classi di reddito vicine hanno vissuti agli antipodi:

Prima di poter raccontare una storia, è necessario inquadrare la scena. Voltate lo sguardo alle comunità manifatturiere nel nord dell’Inghilterra che si stanno disintegrando socialmente dopo la chiusura delle fabbriche? Raccontate la crescita esplosiva delle aziende tecnologiche cinesi e il loro potenziale digitale nei paesi occidentali attraverso le reti 5G? O si contrappone la situazione di un lavoratore di un fast-food di New York che fa tre lavori per sbarcare il lunario a quella del proprietario di un appartamento da 45 milioni di dollari con vista su Central Park? Semplicemente impostando la scena, il narratore inquadra i problemi creati dalla globalizzazione economica in un modo specifico.

Lamp e Roberts notano come i fatti talvolta siano “muti”, cioè necessitino di una narrativa per dar loro senso e per aiutare a constestualizzarli sia ai decisori sia alla cittadinanza.

In un mondo che ha bisogno e vive di narrazione (letteraria, scientifica, fotografica, cinematografica, etc.), un solo punto di vista (e quindi una sola narrazione) non basta. Gli autori ne hanno distillate sei: establishment, populisti di destra, populisti di sinistra, aziende, narrativa geoeconomica e narrativa delle minacce globali. Un estratto è stato pubblicato sul blog “Pro Market” della Booth School of Business dell’università di Chicago.


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