Su suggerimento di @M@, @Ergosfera, @uqbal, @francisco quintay, @oliodnb.
Altri articoli, stavolta più d’opinione, sull’ISIS. La questione si sposta più che altro sul come comportarsi con il dopo: considerando anche i bombardamenti a Raqqa (di cui abbiamo parlato qui).
Da un lato c’è l’opinione di Nicolas Hénin (tradotto da Internazionale; qui l’originale del Guardian), giornalista francese ostaggio dell’ISIS per 10 mesi, che parte dal ritratto psicologico dei jihadisti, dalla ridicolezza di alcuni atteggiamenti (per quanto possa sembrare strano). Da questa sua esperienza afferma:
Dato il loro interesse per le notizie e i social network, noteranno ogni singola reazione al loro assalto omicida a Parigi, e secondo me proprio in questo momento il loro slogan sarà “Stiamo vincendo”. Saranno rincuorati da qualsiasi segno di reazione esagerata, di divisione, di paura, di razzismo, di xenofobia.
Per questo si dice contrario ai bombardamenti, parlando anche del pericolo dell’estremizzazione dei siriani nella regione: «temono più la nostra unità che non i bombardamenti».
Il non intervento nella regione, però, viene definito «utterly naive» in quest’altro articolo, dove si commenta la critica spesso portata avanti da chi definisce l’ISIS come un puro prodotto della politica statunitense del Medio Oriente. Senza negare la responsabilità degli USA in Iraq, Sunny Hundal spiega perché in realtà la “minaccia all’Occidente” non sia la missione centrale dell’organizzazione, ma i suoi obiettivi sono guidati da un certo imperialismo.
Al di là dei bombardamenti, c’è l’opinione pubblica, che si divide in mille rivoli. Uno di questi è quello che accusa i media o “gli occidentali” di non avere abbastanza attenzione agli attentati di Beirut, in Kenya o in Nigeria. Quest’articolo risponde all’accusa sul doppio standard morale.
Invece, alla “comunità musulmana” si chiede di discostarsi, di tirare una linea di demarcazione tra loro e l’ISIS (e anche su questo c’è un dibattito). Oggi «il Consiglio nazionale del culto musulmano diffonderà, nel venerdì di preghiera, un “testo solenne” di condanna “senza ambiguità” di “tutte le forme di violenza o di terrorismo”». A Roma, il 21 novembre è stata indetta una manifestazione per proclamare la stessa condanna. Un appuntamento che però sarà il luogo per proclamare un diverso rapporto con la società laica.
Immagine CC BY-SA 2.0 di Matt Lemmon da flickr
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