A quanto pare, anche la pandemia è un brand, e necessita di un’immagine coordinata. Lunedì sono state diffuse le prime immagini dei padiglioni che verranno allestiti in tutta Italia per vaccinarci a partire, in teoria, dal 15 gennaio; i padiglioni li ha disegnati Stefano Boeri, che tra le tante cose è il figlio di Cini Boeri, designer e architetta, curatrice tra le tante cose della casa museo di Gramsci a Ghilarza, in Sardegna; salendo al primo piano della casa di famiglia dei Gramsci si può vedere la camera da letto della madre, il letto severissimo, una camera identica al secolo scorso, non fosse per un’enorme vela di plexiglass che dovrebbe proteggere il sito dai visitatori: il coronavirus non c’entra, la vela era parte dell’allestimento originale, pesante e rigido.
I padiglioni per la vaccinazione invece sembrano presentarsi leggeri, temporanei, e con tutte quelle primule stampigliate si prestano idealmente alla memetica, cioè alla costruzione di tentativi di consenso nelle più diverse direzioni che vengono scambiati sui social network. Non è mai stato chiaro quanto nell’ultima primavera, quando succedeva che lo stesse meme ti arrivasse nelle chat di lavoro e dalla cugina, e il subconscio della comunità, della massa popolare, di quello che è, prendeva le forme più diverse.
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