In un articolo pubblicato su Rivista Studio, Maurizio Fiorino ci parla di Rosazza, un caratteristico borgo della provincia di Biella.
Dista appena sedici chilometri da Biella e l’aeroporto più vicino è a Malpensa, più o meno un’ora e mezza di macchina. In paese non c’è la stazione ferroviaria ma un bus che parte dal capoluogo di provincia e collega tutti, o quasi, i borghi posizionati prima e dopo. Eppure, a Rosazza, novantadue abitanti censiti, pare che non ci voglia venire a vivere proprio nessuno, nonostante si pubblicizzi come uno dei borghi più belli d’Italia. Ed è vero, per giunta. Il motivo? «E chi lo sa. Nessuno, neanche noi, lo riusciremo mai a capire», spiega uno dei pochissimi turisti incontrati nell’unico posto aperto in una soleggiata domenica d’ottobre, un piccolo bar-ristorante. Tra i piatti del giorno: polenta con fonduta di Maccagno, ravioli di zucca, tartare di fassona con tuorlo d’uovo crudo e fegato al burro e salvia. Se lo si visita è meglio, certo, ma non c’è bisogno di venirci di persona per capire di essere in un luogo che sembra vivere fuori dal tempo. Basta prendere in mano lo smartphone e farsi un giro su Internet. Se si chiede a Google cos’è e dove si trova Rosazza, compare una lista di pagine che definiscono il piccolo paesino situato alla fine dell’Italia come “il borgo più misterioso d’Italia” oppure “il comune mistico della Valle Cervo”, o “la città disegnata dagli spiriti” e via dicendo.
Immagine da Wikimedia Commons
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