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La vita che verrà – Herself

La vita che verrà – Herself

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In un’intervista pubblicata su Rolling Stone, la regista britannica Phyllida Lloyd ci parla del suo ultimo lavoro, La vita che verrà – Herself.

Al terzo film, ma con una lunga carriera teatrale alle spalle, Phyllida Lloyd arriva a Roma in selezione ufficiale (e in collaborazione con Alice nella città) con un lavoro radicalmente diverso dai precedenti. La vita che verrà – Herself (in sala in Italia dal 25 novembre) non ha la gioiosa vitalità sopra le righe di Mamma Mia! né la rigida solennità del ritratto di Margaret Thatcher in The Iron Lady, ma in qualche modo pesca in entrambi. «Diciamo che nel mio percorso è forse il primo a essere atipico, diverso, mentre il secondo e quest’ultimo sono più coerenti con esso. Volevo un film a basso budget, che mi desse maggiore libertà d’azione e mi permettesse di esplorare altre modalità espressive. Così mi sono imbattuta nella sceneggiatura di Clare Dunne e ne ho sentito subito la forza, così come il suo coinvolgimento». Impossibile non farlo, impossibile rimanere insensibili di fronte a questa storia che tra le quattro pareti ambienta una doppia tragedia: quella di un matrimonio fallito per la violenza feroce del marito – la scena che cambia la vita della protagonista e dei figli è dolorosa, impietosa nel raccontare cos’è la crudeltà fisica domestica e dove nascono le radici di un femminicidio – e quella delle abitazioni negate, dell’emergenza casa.

 


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