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Le brevi lezioni di botanica di Jean-Jacques Rousseau

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Sulle pagine di PulpMagazine possiamo leggere una presentazione della riedizione, uscita nel 2021 a cura di Anna Faro per i tipi di Piano B, delle otto lettere scritte nel 1771 da Jean-Jacques Rousseau a Madame Delessert, una corrispondenza che aveva lo scopo di fornire all’amica del filosofo alcuni consigli per educare alla botanica la figlia giovinetta.

«Ho sempre creduto che si possa essere un eccellente botanico senza conoscere una sola pianta con il suo nome, e, senza voler fare di vostra figlia un gran botanico, credo tuttavia che le sarà sempre utile apprendere a vedere bene ciò che osserva.»

Le Brevi lezioni di botanica edite da Piano B sono impreziosite dalla riproduzione a colori di sedici tavole scelte di Pierre-Joseph Redouté che accompagnavano già l’edizione postuma del 1805. In queste lettere traspare lo spirito pedagogico e l’approccio pratico allo studio che il grande filosofo aveva dispiegato nelle sue opere maggiori.

Nella breve corrispondenza con Madame Delessert si riscontrano inoltre gli albori delle riflessioni che matureranno negli anni immediatamente successivi e che troveranno spazio nelle Fantasticherie del passeggiatore solitario, iniziate nel 1776 e anch’esse pubblicate postume: primo fra tutti il desiderio di ri-avvicinarsi alla natura e ai suoi principi, intesi come meta del percorso sociale e culturale dell’uomo. Attraverso le sue esplorazioni nei boschi, Rousseau sente tornare quella pace e quella tranquillità che da tempo lo avevano abbandonato.

ArtsLife presenta invece L’Atlante di botanica elementare di Jean-Jacques Rousseau, che contiene questa raccolta epistolare  in un’edizione illustrata da Karin Doering-Froger (Ippocampo), pensata come una guida  all’osservazione di quanto ci circonda con spirito intellettuale e pratico.

«Vado matto per la botanica: peggioro di giorno in giorno, non ho più che fieno nella testa, una di queste mattine diventerò anch’io una pianta, e ho già messo radici a Môtiers», scrive Rousseau, grande appassionato di botanica ed erboristeria. Per lui, lo studio della natura conduce alla virtù e alla saggezza ed è imprescindibile per tutti i filosofi.

Le lettere non sono state pensate per essere pubblicate, lo saranno solo nel 1782, nascono non da ambizione letteraria ma da un rapporto privato, confidenziale, con grande attenzione didattica e con un chiaro metodo pedagogico. Vi viene sottolineata l’importanza del rapporto diretto con le cose, il valore dell’osservazione, il rifiuto delle astrazioni e dei nominalismi.

Di queste lettere parla anche Raffaele Pisani sulle pagine del sito Filosofia e nuovi sentieri.

Ci vuole metodo e gradualità per arrivare ad una conoscenza autentica, perché il nome di una specie o di una famiglia vegetale non suoni come un’arbitraria convenzione che si deve memorizzare. Bisogna partire dai fiori e dagli ortaggi che fin dall’infanzia ci sono noti e ne conosciamo il nome e le caratteristiche, ma già raggrupparli per famiglie richiede l’uso di molte delle nostre facoltà. Lo studio deve essere attivo, la mente deve essere ben congiunta con gli organi corporei, si devono usare i piedi per camminare e raggiungere le piante da osservare, le mani devono essere allenate nella tenera età a quella presa di precisione che permette di compiere operazioni delicate quali il distacco di una corolla o la separazione di minuscoli stami. Visto che l’uomo ha cinque sensi è bene usarli tutti, anche se la vista in questo scritto ha un ruolo predominante. L’unico che sembra essere lasciato da parte è l’udito, la natura vegetale è di per sé silenziosa come silenziosi sono gli erbari che Rousseau produce in prima persona e insegna alla cugina come realizzare.


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