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L’Unione Europea esagera?

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Ben Thompson, analista americano esperto di big tech e residente a Taipei, dedica l’ultimo post del suo blog all’approccio iper-regolatorio dell’Unione Europea.

Da un lato riconosce il valore delle motivazioni del regolatore (per esempio limitare lo strapotere del big tech nella raccolta dati) e la sensatezza di alcune delle decisioni prese. Per esempio, in merito alla questione dell’Apple Store, secondo Thompson è l’azienda a essere colpevole di miopia nel non adattare un approccio iniziale da underdog a una realtà in cui è diventata monopolista.

In merito alla privacy però, Thompson accusa l’approccio europeo di essere ossessionato dalla raccolta dei dati, a volte a scapito dei risultati. Cita il caso di un forum sull’AI a cui ha partecipato in cui il focus era interamente sulla raccolta dati e non su un loro uso proficuo. Questo quadro viene messo in contrasto con quanto accade negli USA, dove il ​​mercato si è sviluppato in modo da mettere al centro l’esperienza dell’utente e cita l’esempio dei siti che utilizzano servizi di terze parti come Apple Pay o Google Wallet per semplificare le transazioni e migliorare l’esperienza dell’utente.

Oltre a queste osservazioni in parte di natura aneddotica (è stato di recente in vacanza in Europa), la critica affronta anche questioni di portata più generale. Secondo Thompson il ruolo del legislatore europeo si spinge spesso fino a imporre dei modelli di business.

Alcuni esempi:

Google Shopping:  la decisione dell’UE contro Google Shopping presupponeva che Google non migliorasse l’esperienza dell’utente presentando direttamente articoli specifici anziché mostrare siti (intermediari) di confronto degli acquisti. Questa decisione interferirebbe, secondo l’autore, sulla capacità di Google di evolvere il proprio prodotto in modo da avvantaggiare gli utenti. Inoltre si evidenzia una visione artificialmente limitata della concorrenza: ci si concentra sulla protezione dei piccoli siti di confronto dei prezzi piuttosto che riconoscere che i veri concorrenti di Google sono i rivenditori integrati come Amazon.

App Store: Apple ha introdotto una “Core Technology Fee” per far pagare agli sviluppatori le app fornite al di fuori dell’App Store, una funzionalità richiesta dal Digital Markets Act. Il fatto che l’UE critichi questa Core Technology Fee in quanto eccessiva, suggerisce l’intenzione di dettare i termini in cui Apple può monetizzare la sua piattaforma.

Il modello “pay or consent” di Meta: l’insistenza della Commissione affinché Meta offra un servizio “equivalente” con annunci non personalizzati mina il modello di business di Meta, che si basa sul valore più elevato della pubblicità personalizzata.

Separazione di NVIDIA e CUDA:  un’azione dell’antitrust francese potrebbe portare a sanzioni che costringerebbero Nvidia a separare il software CUDA dalle sue GPU. Ciò modificherebbe radicalmente la strategia integrata e il modello di business di Nvidia, che si basa sulla sinergia tra hardware e software.

Secondo l’autore, queste azioni normative portate all’eccesso soffocano l’innovazione e impongono oneri eccessivi alle aziende tecnologiche. Dettando come le aziende possono monetizzare le loro piattaforme, interagire con i consumatori e sviluppare i loro prodotti, l’UE è vista non solo come un regolatore del mercato, ma anche come un attore che esercita un controllo sul modo in cui operano queste imprese. Ciò potrebbe, nel lungo termine, scoraggiare gli investimenti e l’innovazione.

La portata delle multe che l’UE è in grado di infliggere modificherebbe la struttura economica delle aziende tecnologiche:

The truth is that the E.U.’s assumed power come from the same dynamics that make U.S. tech companies so dominant. The fundamental structure of technology is that it is astronomically expensive to both develop and maintain, but those costs are more akin to capital costs like building a ship or factory; the marginal cost of serving users is zero (i.e. it costs a lot of money to serve users in the aggregate, but every additional user is zero marginal cost). It follows, then, that there is almost always benefit in figuring out how to serve more users, even if those users come with lower revenue opportunities.

Nell’articolo la situazione viene paragonata a quella dell’industria farmaceutica:

…while many countries aggressively regulate the price of pharmaceuticals, you ultimately need a profit motive to invest in the massive up-front cost in developing new drugs; that profit comes from the U.S. market. The reason this all works is that the actual production of drugs is similar to technology: once the drug is approved every marginal pill is effectively zero marginal cost; this means that it is worth selling drugs at highly regulated prices, but you still need a reason to develop new drugs as well.

Il potere normativo dell’UE su scala globale deriva in ultima analisi dalla struttura economica delle aziende tecnologiche e questa può cambiare. Una multa del 10% delle entrate cambia radicalmente il calcolo dei costi. Queste multe non equivalgono ai costi di progettazione e di hardware, ma sono più simili ai costi marginali. Il costo marginale per servire l’UE è il valore atteso delle possibilità di essere multati più di quanto si abbia guadagnato in un dato anno, e per le grandi tecnologie quel prezzo sta aumentando.

Si prospetta secondo l’autore un futuro in cui alcune aziende (probabilmente non Meta ed Apple, ma forse Nvidia) abbandoneranno il mercato europeo. Intanto si è già verificato che alcune funzionalità dell’iPhone siano state bloccate in Europa da Apple, proprio per prevenire l’intervento del regolatore.


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