Carole Cadwalladr su The Guardian parla dell’affacciarsi di una nuova era politica, quella dei tech bro nelle stanza del potere.
Cadwalladr parte con una reminiscenza del 2016 e dell’humus culturale in cui si è affermato Trump. Secondo la giornalista il primo quadriennio di Trump è stato solo un assaggio di quello che sarà.
Abbiamo trascorso questi otto anni imparando un nuovo vocabolario: «disinformazione», «misinformazione», «microsegmentazione». Abbiamo imparato a conoscere la guerra dell’informazione. Come giornalisti, anche noi, come gli investigatori dell’FBI, abbiamo usato le prove per dimostrare come i social media fossero una «superficie di attacco» vulnerabile che attori malintenzionati come Cambridge Analytica e il Cremlino potevano sfruttare. Sono stati scritti dottorati di ricerca sull’armamento dei social media. Ma niente di tutto questo ci aiuta ora.
Secondo Cadwalladr la parola chiave è «disrupt», concetto chiave per le aziende tecnologiche, amministratori di tali aziende e aspiranti tali. Se nell’ethos del tech bro l’immagine riporta a Davide contro Golia, la «distruzione» ora arriva a minacciare le istituzioni democratiche.
Quello che abbiamo fatto durante la prima ondata di disruption, dal 2016 al 24, non funzionerà più. È possibile “armare” i social media quando i social media sono l’arma? Ricordate il filosofo Marshall McLuhan: «Il mezzo è il messaggio»? Bene, ora il mezzo è Musk. L’uomo più ricco del mondo ha acquistato una piattaforma di comunicazione globale e ora è il capo di Stato ombra di quella che era la più grande superpotenza del mondo. Questo è il messaggio. L’avete già capito?
L’ipotesi della frana tecnologica ha ora senso? Di come una piccola innovazione possa distruggere un marchio storico? Quel marchio è la verità. È l’evidenza. È giornalismo. È la scienza. È l’Illuminismo. Un concetto di nicchia che troverete dietro un paywall del New York Times.
Insomma l’arena del discorso è passata dai giornali alle reti sociali, e chi comanda e sceglie le informazioni e le opinioni da “spingere” è Elon Musk e qualche altro oligarca. I giornalisti sono usciti di scena:
Questi bro lo sanno. Non temono più i giornalisti. I giornalisti impareranno a temerli. Perché questa è ormai oligarchia. È la fusione del potere statale e commerciale in un’élite al potere. Non è una coincidenza che Musk parli dei punti di vista del Cremlino e parli al telefono con Putin. Il caos della Russia degli anni ’90 è il modello: si faranno miliardi, moriranno persone, si commetteranno crimini.
La nostra sfida consiste nel rendersi conto che il primo ciclo di disordini è terminato. Siamo attraverso lo specchio. Stiamo tutti navigando nelle fogne dell’informazione. Trump è un bacillo, ma il problema sono le tubature. Possiamo e dobbiamo risolvere il problema.
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