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Misticismo sufi e rock ‘n’ roll

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Carolina Dema per Il Tascabile affronta in un articolo il tema della trasformazione della musica Joujouka, una tradizione millenaria sufi del Marocco e il suo impatto sulla cultura occidentale.

La musica Joujouka ha radici antiche e mistiche, legate anche alla leggenda del jinn Bou Jeloud.
Un jinn, nella tradizione islamica e nelle culture del Medio Oriente, è una creatura soprannaturale che ha la capacità di assumere varie forme e si crede possieda poteri magici e possa influenzare il mondo umano in vari modi.

Bou Jeloud è una figura leggendaria nella tradizione sufi del Marocco, una corrente mistica dell’Islam, spesso associata alla musica Joujouka, che prende il nome da un villaggio marocchino. Secondo la leggenda, Bou Jeloud è un jinn, uno spirito soprannaturale, che protegge il villaggio di Joujouka e i suoi abitanti. Durante i festival, un uomo del villaggio si traveste da Bou Jeloud, indossando pelli di capra e danzando freneticamente per scacciare gli spiriti maligni. La figura di Bou Jeloud è strettamente legata ai rituali musicali e alle celebrazioni del villaggio, rappresentando un ponte tra il mondo umano e quello spirituale. La sua danza e la musica Joujouka sono considerate potenti strumenti di guarigione e trasformazione spirituale.

La musica Joujouka (o Jajouka, approfondiremo questa variazione sillabica più avanti) fa parte di una tradizione millenaria di maestri sufi – il sufismo è la dimensione mistica dell’Islam – nata e sviluppatasi proprio in quel minuscolo paese nel nord del Marocco. La leggenda racconta che più di quattromila anni fa il pastore Attar, portando al pascolo il suo gregge, si assopì in una grotta per risvegliarsi qualche ora dopo al suono della lira (flauto) del jinn mezzo capra e mezzo uomo Bou Jeloud. Lo spirito gli rivelò il segreto del suo strumento, imponendogli di non rivelarlo, e in cambio chiese una moglie tra le abitanti di Joujouka. Al caprone venne portata Aisha Kandisha: la signorina però era piuttosto vispa e voluttuosa, tanto che con le sue danze scatenate e la sua inesauribile voglia di far festa, lo esasperò al punto che Bou Jeloud esausto, abbandonò lei e il villaggio. Su Kandisha in Marocco esiste un folklore molto vasto: anche lei è una jinn, una donna bellissima con gli zoccoli di cavallo che decapita o sgozza gli uomini; una delle versioni più interessanti della leggenda è quella che racconta Kandisha come una ragazza molto bella che, durante la colonizzazione portoghese del Marocco, usava il suo fascino per sedurre i soldati invasori e ucciderli. Anche dopo la sua morte, continua a vagare come jiin spaventando gli uomini che viaggiano solitari.

Negli anni ’50 e ’60, figure come Brian Jones dei Rolling Stones scoprirono e si innamorarono della musica Joujouka, portandola all’attenzione dell’Occidente. «The Pipes of Pan at Joujouka» è un album prodotto da Brian Jones, registrato nel 1968 nel villaggio di Jajouka. L’album presenta la musica dei Master Musicians of Joujouka, un gruppo sufi noto per le loro performance ipnotiche e rituali. Jones ha registrato la musica durante il festival annuale dei Riti di Pan, un evento che celebra il dio Pan attraverso danze e musica tradizionale.

L’album è stato pubblicato nel 1971 e ha avuto un impatto significativo, introducendo la musica Joujouka a un pubblico globale e attirando l’interesse di altri musicisti e artisti.

Oh Brian Jones, Joujouka Very Stoned” cantava un gruppo di Maestri seduto in cerchio negli anni Settanta, canzone che gli dedicarono dopo che, innamorato della loro musica, il chitarrista dei Rolling Stones registrò quaranta minuti di performance, per poi mixarla in uno studio a Londra aggiungendo, come racconta Henry Sword in Alla ricerca dell’oblio sonoro, “eco a nastro e un effetto primitivo di phasing stereofonico: una forma primitiva di dub che aggiungeva un tocco psicoattivo a musica già di per sé profondamente psichedelica. […] di tanto in tanto si sente il chiasso della folla – grida e applausi, colpi di tosse catarrosi da polmoni incrostati d’hascisc – che aggiunge ulteriore grezzo dinamismo”.

L’articolo de Il Tascabile sottolinea come la cultura Joujouka sia stata influenzata e, in parte, commercializzata dall’interesse occidentale, ma continua a mantenere il suo potere spirituale e curativo.

Una volta pubblicato da Rolling Stones Records nel ‘71, The Pipes of Pan at Joujouka catalizzò l’attenzione dell’Occidente verso questo gruppo di misticisti strafatti; e fu proprio la richiesta di organizzare un tour fuori dal Marocco che portò alla rancorosa scissione in due fazioni. Tralasciando i conflitti di successione (leader ereditario o leader eletto democraticamente) si diramò quindi il gruppo dei Masters of Jajouka, più commerciabile e aperto verso l’esterno, che seguì la tournèe dell’album Steel Wheels dei Rolling Stones, registrò in studi professionali, e tutt’ora viaggia per il mondo, ospite di festival di grande calibro; mentre i Master Of Joujouka rimasero ancorati alla tradizione, prediligendo la ritualità alla performatività, e occupandosi di organizzare al villaggio il festival annuale.


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