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Il senso dell’obbligo per i vaccini

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Enrico Bucci sul Foglio analizza i vantaggi e gli svantaggi dell’obbligo vaccinale. L’articolo non discute l’efficacia e sicurezza dei vaccini in questione, né la liceità e legalità di questa imposizione: dando queste questioni ormai per risolte, quanto migliora la situazione imporre un obbligo, e quali controindicazioni porta?

Bucci si basa su studi provenienti da vari paesi relativi alla pandemia di Covid-19, che misurano quanto l’obbligo abbia esteso la percentuale di vaccinazioni, sia all’interno della popolazione generale, sia fra categorie specifiche come gli operatori sanitari. Altri studi considerano gli effetti dell’obbligo non tanto in termini di percentuali di vaccinazioni, ma di impatto sul sistema sanitario (per esempio, il numero di ospedalizzazioni). In generale, laddove una popolazione aveva già da prima una percentuale bassa di vaccinati, l’obbligo ha avuto un effetto sostanziale, misurabile già dal momento del suo annuncio, prima ancora che fossero introdotte sanzioni. Dove invece la popolazione tendeva già a vaccinarsi diffusamente, l’obbligo non è servito “a raggiungere i pochi, ostinati antivaccinisti esistenti.” Quanto alle imposizioni agli operatori sanitari, esse non hanno portato, come a volte si era temuto, a una riduzione significativa di personale: anche gli infermieri che non si erano vaccinati volontariamente alla fine hanno preferito farlo perché costretti, piuttosto che perdere il lavoro.

Per essere efficace, però, un obbligo non può prescindere dalla fiducia della popolazione nelle istituzioni: solo se il pubblico collabora, ed è una piccola minoranza a ricevere le sanzioni, queste possono essere irrogate. Da questo punto di vista, è essenziale la comunicazione svolta “in tempo di pace”, ossia prima di una pandemia, e che costruisce lentamente la fiducia reciproca fra stato e cittadini. Altrimenti, il rischio è che l’imposizione di un obbligo oggi crei un’ostilità che porti domani a tassi di adesione più ridotte alle altre vaccinazioni (per esempio a quelle pediatriche), e che possa essere cavalcato in senso politico da movimenti antivaccinisti, con grave danno della salute pubblica.

In un mondo ideale, nessun obbligo vaccinale sarebbe mai necessario: la ragione e il dato guiderebbero da soli i cittadini consapevoli verso la vaccinazione nei tempi e nei modi suggeriti dalla scienza. La caotica realtà è ben diversa. Da un lato, le epidemie possono forzare la mano dei governi a imporre uno o più vaccini, ma in generale è sufficiente il pericolo costituito da una bassa adesione perché questo possa avvenire, insieme alla relativa semplicità logistica e pratica di imposizione di un calendario di vaccinazioni obbligatorie, rispetto all’attesa della prenotazione a piacere di chi deve vaccinarsi o dei suoi figli. Dall’altro, l’imposizione di un obbligo provoca una reazione immediata e naturale di risentimento, se non vi è una forte adesione al patto con le istituzioni e un forte senso civico; questo, quasi sempre cavalcato con interesse proprio da chi capitalizzando quella sfiducia intende prendere il potere, provoca a sua volta una sempre maggior difficoltà nel convincere i cittadini a ogni successiva vaccinazione, e un sempre maggior ricorso all’obbligo, con una catastrofica perdita di fiducia tanto nelle istituzioni sanitarie, quanto nelle istituzioni tout-court.

(…) Il tempo in cui serviranno altri vaccini, per malattie anche ben più gravi di quelle che abbiamo sperimentato, è probabilmente prossimo, se guardiamo a cosa sta succedendo nel mondo: vogliamo farci trovare con una popolazione sfiduciata e ignorante, che non presta più ascolto ai medici, oppure vogliamo preparare il nostro paese a quello che prima o poi certamente succederà?


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