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Il lato umano della scienza

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Un articolo, scritto da Sofia Belardinelli per Il Bo Live, analizza la natura sociale della ricerca scientifica attraverso le riflessioni della filosofa della scienza Sabina Leonelli, docente alla Technical University of Munich.
L’articolo mostra come la scienza sia profondamente connessa al mondo sociale ed economico, influenzata dalle persone che la fanno e dai contesti in cui opera, sottolineando anche che la scienza non è un’entità astratta basata esclusivamente su teorie e principi logici.

La filosofa lavora a stretto contatto con diversi gruppi di ricerca:

“Il mio metodo di indagine consiste nel lavorare a stretto contatto con gli scienziati per comprendere non solo il contenuto della ricerca, ma anche la metodologia adottata: mi interrogo su cosa voglia dire, concretamente, condurre un esperimento, applicare una determinata tecnica, utilizzare uno strumento”, spiega Sabina Leonelli a Il Bo Live, a margine di una conferenza tenuta al dipartimento di Biologia dell’università di Padova. “Dal punto di vista filosofico, mi interessa soprattutto il rapporto tra il processo scientifico – procedure, materiali e condizioni di lavoro – e i risultati epistemologici, ossia il tipo di conoscenza che deriva da queste pratiche e il modo in cui essa si intreccia con il lavoro concreto della ricerca, che è un’attività molto materiale e corporea”.

Un punto centrale della ricerca di Sabina Leonelli riguarda il ruolo delle teorie nella scienza: spesso si considera che la biologia sperimentale sia una disciplina pratica, tuttavia anche le ricerche basate sui dati contengono presupposti teorici impliciti che influenzano la costruzione della conoscenza.

Sabina Leonelli introduce poi il concetto di ingiustizia epistemica: in molte discipline, i “grandi scienziati” vengono celebrati per le loro scoperte, mentre tecnici, analisti e curatori di dati, nonostante il loro contributo fondamentale, restano nell’ombra. Inoltre molte ricerche epidemiologiche sono condotte su popolazioni ricche perché i dati su comunità più povere sono spesso limitati o i ricercatori locali hanno meno accesso a strumenti aggiornati. Questo ostacola la possibilità di produrre una conoscenza scientifica realmente universale ed equa.

L’articolo si conclude sostenendo che la scienza deve essere aperta e inclusiva, non solo per motivi etici, ma per proteggere la democrazia. Richiama il caso degli Stati Uniti, dove le restrizioni politiche hanno minacciato la libertà della ricerca, in particolare negli studi sul clima. Secondo la filosofa, l’attuale clima politico rende essenziale difendere una scienza libera e basata su evidenze, affinché rimanga un pilastro fondamentale della società democratica.


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