Il BoLive, magazine dell’università di Padova, ha pubblicato un articolo dal titolo Bambino di Taung. Cento anni dalla scoperta del fossile che riscrisse la nostra storia ricordando la scoperta di un fossile che mise in crisi le convinzioni dei paleontologi dell’epoca sulle origini della specie umana.
Nel febbraio 1925, l’antropologo australiano Raymond Dart descrisse su Nature un fossile che mise in discussione molte convinzioni sulla storia dell’evoluzione umana diffuse all’epoca. Si trattava di un piccolo cranio di un individuo di tre o quattro anni, appartenente alla specie Australopithecus Africanus, soprannominato “Bambino di Taung”, dalla località del Sudafrica in cui venne scoperto.
Il fossile del Bambino di Taung è particolare sotto parecchi aspetti: non solo il cranio è praticamente intatto, ma il processo di fossilizzazione ha conservato anche il cervello, rendendo questo fossile estremamente particolare, quasi unico.
Ritrovato nel 1925, il cranio del Bambino di Taung fu quasi completamente ignorato per oltre 30 anni; i paleontologi dell’epoca preferivano studiare i resti di Neanderthal ritrovati in Europa, i fossili di Homo erectus ritrovati a Giava, ma a catalizzare l’attenzione degli studiosi era, soprattutto, un ritrovamento effettuato in Inghilterra: l’uomo di Piltdown.
Scoperto in Inghilterra nel 1912, l’uomo di Piltdown soddisfaceva le aspettative degli studiosi, per i quali la specie umana non poteva aver avuto origine in Africa:
aveva il cervello grande, i denti ancora simili a quelli degli scimpanzé e dei gorilla e, soprattutto, era stato trovato in Europa
Purtroppo per coloro che avevano investito la loro credibilità scientifica sul fossile dell’uomo di Piltdown, questo si rivelò essere una bufala, creata ad arte dal suo (presunto) scopritore, l’archeologo e paleontologo dilettante, Charles Dawson.
Il Bambino di Taung è il primo esemplare scoperto della specie Australopithecus africanus, una specie di ominini vissuti in Africa fra i 2,5 ed ii 2,8 milioni di anni fa. Gli studi di Raymond Dart, lo scopritore del Bambino di Taung, chiarirono che la specie aveva un’andatura bipede, anche se il volume della scatola cranica era ancora assimilabile a quello dei primati non umani:
La principale caratteristica primitiva di questo fossile è la capacità cranica ridotta, simile a quella dei gorilla o degli scimpanzè attuali
[…]Dart appurò inoltre che la specie Australopithecus africanus fosse capace di mantenere un’andatura bipede piuttosto stabile. Tali osservazioni permisero al paleoantropologo di concludere che il bipedismo fosse un tratto evolutivo precedente all’aumento delle dimensioni del cervello, nonostante entrambe queste caratteristiche siano fondamentali nella differenziazione degli esseri umani dagli altri primati.
Un altro dato interessante del cranio del Bambino di Taung è dato dalla dimensione dei denti:
I denti di Australopithecus africanus, soprattutto quelli anteriori, sono molto più piccoli rispetto a quelli degli scimpanzè e dei gorilla. Il fossile non presenta inoltre il caratteristico spazio tra gli incisivi e i canini che contraddistingue questi primati. I molari, invece, sono ancora di grosse dimensioni.


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