A cura di @Perodatrent (modificato).
Prendendo spunto dal vertiginoso aumento di prezzo di un vecchissimo antibiotico, Wired commenta sui risvolti economici e sociali del prezzo di questi farmaci.
Da anni le aziende farmaceutiche hanno tagliato gli investimenti in ricerca sugli antibiotici, perché non sembrano redditizi. A differenza di altri farmaci, che debbono essere presi per anni da molte persone e perciò sono una buona fonte di guadagni, gli antibiotici sono presi per brevi periodi, e i produttori non trovano conveniente investirci.
Una soluzione ventilata da tempo è quella di permettere ai produttori di fissare un prezzo di vendita piuttosto alto, per ripagare gli investimenti necessari allo sviluppo del prodotto.
Ezekiel Emanuel, an oncologist and vice-provost at the University of Pennsylvania, argued that case somewhat flippantly in The New York Times in 2015. “As a society we seem willing to pay $100,000 or more for cancer drugs that cure no one and at best add weeks or a few months to life. We are willing to pay tens of thousands of dollars for knee surgery that, at best, improves function but is not lifesaving,” he wrote. “So why won’t we pay $10,000 for a lifesaving antibiotic?”
The answers to that question have been: No, we shouldn’t raise antibiotic prices, because other drugs are overpriced already, or No, because poor countries who already struggle to buy enough antibiotics won’t be able to afford them at all.
The reaction to Nostrum’s move reveals a third answer: No, because health care won’t tolerate it. “Fortunately there are other options available,” Dr. Carlos del Rio, a professor of medicine and codirector
Immagine da Flickr.
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