Tel Aviv. La Brexit ha un duplice effetto sugli accordi di libero scambio. Infatti, uscendo dall’Unione europea, il Regno Unito rinuncia in primo luogo al mercato unico e all’unione doganale con gli altri 27 Stati membri. E in secondo luogo anche ai patti commerciali stretti da Bruxelles con altri Paesi e organizzazioni di Paesi nel mondo. I fautori della Brexit sostengono trumpianamente che l’era degli organismi internazionali è al tramonto, che è giunto il tempo degli accordi bilaterali e che l’uscita dall’Unione europea rappresenterà per il Regno Unito l’occasione di stringere patti più convenienti e in tempi assai più ristretti rispetto alle lungaggini dei concerti europei. Dall’altro fronte avvertono: la Brexit comporta una rivoluzione per il commercio britannico che ben anche offrisse condizioni più favorevoli, le offrirebbe in un futuro troppo lontano, per giunta a un costo altissimo come la rinuncia al libero scambio con gli altri 27 Paesi dell’Unione europea e agli accordi stretti in questi anni, spesso con enorme fatica, dal club di Bruxelles con il resto del mondo.
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