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Hack the planet

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As a rule of thumb, if you believe that “nobody would connect that to the Internet, really nobody”, there are at least 1000 people who did. Whenever you think “that shouldn’t be on the Internet but will probably be found a few times” it’s there a few hundred thousand times.

La Rete è vasta e infinita — beh, non proprio, dato che da anni si parla di esaurimento degli indirizzi IP; ma comunque, Internet opera su una scala difficile da comprendere appieno. E tra i miliardi di computer che la popolano, da parecchio tempo vi è una schiera di elettrodomestici e strumenti vari della famosa Internet of Things, la cui sicurezza lascia spesso a desiderare.

Ormai otto anni fa un anonimo hacker, provando delle tecniche molto banali per accedere a questi dispositivi, scoprì con raccapriccio che là fuori c’era un mare sterminato di macchine violabili con pochissimo sforzo. Incapace di resistere davanti a questa opportunità, decise di prenderle in prestito per effettuare una mappatura dell’intera Rete, e chiamò il suo progetto Internet Census of 2012.

Se l’unico crimine dell’autore del Censimento era la curiosità, i suoi emuli non furono altrettanto bene intenzionati: nel 2016, una botnet molto simile venne utilizzata per bersagliare vari sistemi con i più grandi attacchi DDoS mai visti, buttando giù ampie porzioni del web americano con i soli danni collaterali.

Gli autori del malware, tre ventenni statunitensi, vennero arrestati pochi mesi dopo: ma ora sono a piede libero dopo aver accettato un’offerta che non si può rifiutare da parte dell’FBI, e la loro creatura, Mirai, mutata in molte forme, scorrazza ancora per la Rete.

 

— Immagine da Internet Census 2012


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