Sul viale lungo la Miljacka, all’altezza del Ponte Latino, a Sarajevo, un colpo esploso dalla semi-automatica di Gavrilo Princip colpisce al collo l’arciduca Francesco Ferdinando, il 28 giugno 1914. L’erede al trono Austro-Ungarico muore dopo pochi minuti. Nel giro di un mese l’impero dichiara guerra al Regno di Serbia e nel resto d’Europa precipitano antichi rancori tra nazioni e potenze politiche che portano al conflitto militare che oggi chiamiamo Prima Guerra Mondiale. Cosa provano i cittadini tedeschi, austriaci, francesi, russi a vivere questi eventi prima che diventino per sempre storia? In quelle settimane, Stefan Zweig scrive, sul giornale viennese Neue Freie Presse:
“Nulla, nulla può trovare pace e riposo in giorni simili, l’umanità ha trascinato nella sua battaglia assassina gli animali e la natura. Più breve è ora il sonno del mondo, più lunghe le notti e più lunghi i giorni”.
L’armistizio sarà firmato solo l’11 novembre del 1918, dopo la morte di 10 milioni di soldati e 7 milioni di civili. All’inizio di tutto, il 2 agosto 1914, quando il governo tedesco decide ufficialmente di prendere parte alle ostilità, Franz Kafka, a Praga, annota su un quaderno:
“La Germania ha dichiarato guerra alla Russia. – Nel pomeriggio, lezione di nuoto”.
È un passaggio dei suoi diari che è stato usato spesso per rinsaldare il mito di uno scrittore geniale e distante, talmente assorbito dalle proprie ossessioni, dalla “lucidità vertiginosa dei propri incubi”, come scrive per esempio Javier Cercas, da rimanere “indifferente alla storia”, estraneo alle questioni politiche, incurante persino dei grandi drammi del suo tempo.
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