Sophie Knight, giornalista freelance che soffre di ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), in questo articolo uscito per The Guardian parla della sua condizione di adulta sofferente di ADHD, di come è giunta ad una diagnosi in età adulta e di come questa condizione abbia influenzato la sua vita personale e lavorativa. Inoltre descrive l’effetto dell’uso di farmaci stimolanti amfetamino-simili, quali il metilfenidato o la destroamfetamina, sulla mente, descrivendo gli effetti positivi ottenuti e gli effetti collaterali subiti.
I had been a restless child. The first night I slept in a bed rather than a cot, I rolled on to the floor nine times. Even before I could walk, I was constantly wriggling, fidgeting, climbing things. My parents nicknamed me Tigger, after the perpetually bouncy Winnie-the-Pooh character. “You were cute and charming – but very annoying,” my mother recalls.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività è una patologia, inserita nella categoria dei Disturbi del Neurosviluppo, che si stima riguardi il 5 – 7% dei bambini, e circa il 2,5% degli adulti. La maggior parte delle diagnosi riguarda pazienti di sesso maschile, circa il doppio di quelli di sesso femminile nei bambini e circa 1,6 volte in più negli adulti. Va rimarcato il fatto che l’ADHD non è dovuto ad un ritardo mentale, ma viene ricondotta a delle alterazioni funzionali di specifiche aree del sistema nervoso centrale, dove vengono regolati i meccanismi alla base dell’inibizione e dell’autocontrollo.
I sintomi tipici dell’ADHD riguardano l’incapacità di mantenere l’attenzione per lunghi periodi, l’irrequietezza e l’impulsività non adatte all’età anagrafica della persona. Le persone con ADHD hanno un tasso di abbandono scolastico e lavorativo più alto della media, tendono a soffrire maggiormente di disturbi ansioso-depressivi o oppositivi-provocatori, oltre ad un maggiore rischio di dipendenze patologiche.
Negli ultimi anni le diagnosi su pazienti adulti sono aumentate: nel Regno Unito tra il 2020 ed il 2022 le diagnosi sono quadruplicate, inoltre nel 2021 il numero di pazienti adulti cui sono stati dati medicinali per il trattamento dell’ADHD è stato di oltre 160.000 persone, circa il 50% in più dal 2015. Si pone però un dubbio: stanno migliorando le diagnosi dei pazienti “borderline”, con sintomi meno aderenti a quelli classici riportati nei criteri diagnostici, o ci si trova davanti ad un eccesso di diagnosi? Ed inoltre, quanto sono indispensabili i farmaci per garantire a questi pazienti una vita normale? I loro effetti collaterali sono accettabili, o per alcuni diventano ingestibili?
The psychiatrist started me on Ritalin at first. During the early weeks, it seemed to fix … everything.
[…]Ritalin also made me depressed. One day I texted a friend: “I feel emotionally dark. Uneasy. Not looking forward to anything. Everything feels really grey. Been pacing the apartment.” It also made my heart race – once, I had a heart rate of 110bpm while doing the washing up.
Alla fine di questo lungo articolo, però, ci si dovrebbe porre una domanda: cos’è esattamente una vita normalmente funzionale?
So, for now, I continue to make my deal with the devil. I can go days without the drugs, relishing my raucous, unmedicated mind – and then I’ll have days so chaotically foggy, so dangerously unproductive, that I risk losing clients, and I go back to the pills. One day, I tell myself, I’ll kick the drugs for good.
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