Dopo più di due anni di gestazione, un record di 36 ore di negoziazioni estenuanti, una conferenza stampa annunciata e saltata a data da destinarsi, per poi finire in corner a mezzanotte, e un interesse da evento sportivo mai visto prima per regolamentazioni tech, è stato infine raggiunto un accordo politico in Europa per l’AI Act, il regolamento Ue sull’intelligenza artificiale.
L’accordo uscito dal trilogo (negoziazioni tra Parlamento, Consiglio e Commissione) in questo momento manca ancora di un testo definitivo a disposizione del pubblico, e molto si giocherà sui dettagli. Per questo motivo anche chi sosteneva la regolamentazione, specie la bozza più attenta alla difesa dei diritti uscita dal Parlamento a giugno, in questo momento sta sospendendo il giudizio in attesa di capire quanto i dettagli daranno margine di manovra agli Stati, alle eccezioni previste, e quanto alla difesa di quei diritti. Senza contare che molti aspetti tecnici saranno messi a terra nelle prossime settimane.
Ma intanto possiamo dire che già il fatto di aver trovato un accordo politico e aver chiuso l’AI Act è di per sé un successo, considerata la quantità di soggetti e interessi che remavano contro e quanti scommettevano, anche nelle ultime ore di trattative, sul fallimento delle stesse. Addirittura un euforico e poco diplomatico Thierry Breton, commissario al Mercato interno e gran cerimoniere delle negoziazioni e della conferenza stampa, è arrivato a dire che c’è stato molto lobbying contro e molti Stati “hanno cercato di fermarci”
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