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Alpi future

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Il Tascabile illustra lo stato delle montagne nel nuovo numero di The Passenger, tra retaggi culturali e nuovi scenari.

L’articolo spiega come la rigida distinzione concettuale tra pianure e alture imposta dai Romani venne abbandonata quando la cultura illuminista cambiò il modo di pensare questi territori: nel 1787, il geografo ginevrino Horace-Bénédict De Saussure raggiunse la cima del Monte Bianco, un anno dopo la storica prima ascensione effettuata dal medico di Chamonix Gabriel Paccard e dal cercatore di cristalli Jacques Balmat.

Dopo che per secoli non era stato altro che un buco nero, lo spazio alpino divenne così finalmente pensabile dalle élite urbane europee che non ci misero molto ad appropriarsene, definendolo in base all’immaginario che loro stesse avevano elaborato. Fu a questo repertorio che attinsero a piene mani in quello che fu un vero e proprio processo di colonizzazione che ebbe nella (ri)costruzione fisica e intellettuale delle Alpi la sua principale articolazione.

Col passare del tempo i principi dell’Illuminismo che hanno determinato la cultura alpina sono rimasti un punto fermo nel modo di concepire le Alpi, ma oggi le cose stanno cambiando rapidamente.

… mai come nel momento storico che stiamo vivendo, la forza di questa influenza appare fragile e precaria. A metterla in discussione sono gli effetti del riscaldamento globale, che sulle Alpi hanno un passo più accelerato rispetto ad altri ambienti. Questa vasta regione al centro dell’Europa è diventata perciò la cartina al tornasole del cambiamento e di tutte le tensioni che esso genera, ma anche un vivace laboratorio di sperimentazione per le forme di vita del futuro. È a questa nuova (e in parte inedita) centralità che guarda il nuovo numero della rivista The Passenger (Iperborea, 2024), uscito all’inizio dell’estate e dedicato proprio alla regione alpina nella sua interezza.

L’articolo sottolinea come immaginare il futuro delle Alpi nell’era del riscaldamento globale non significhi solamente pensare nuovi modelli di vita, ma cercare di anticipare i conflitti che tali cambiamenti potrebbero scatenare per evitare che  ” la dimensione metromontana diventi coloniale, perpetuando privilegi insostenibili e superati”.

Un rischio evidenziato efficacemente dalla giornalista tedesca Margarete Moulin in uno dei suoi reportage inclusi nell’edizione di The Passenger focalizzata sulle Alpi. La narrazione di Moulin rappresenta uno dei conflitti la trasformazione delle Alpi potrebbe far nascere all’interno di un processo di sviluppo non ancora definito: Werner Bätzing, geografo tedesco e uno degli studiosi più eminenti delle Alpi, identifica queste tendenze nel libro “Le Alpi al bivio”, dove, attraverso l’uso di scenari, disegna sette possibili percorsi di evoluzione per lo spazio alpino nei prossimi trent’anni.


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