Nel febbraio 2013, l’80% dell’inquinamento dell’aria di Atene era dovuto al riscaldamento a legna. Un anno prima il governo, in una mossa radicale per raggiungere gli obiettivi di bilancio, aveva alzato le imposte sull’energia. In piena crisi economica, una fetta consistente della popolazione — la classe media e bassa che ha visto negli ultimi decenni calare drammaticamente il proprio reddito — si è così trovata costretta a passare ai combustibili solidi: scaldare a legna un appartamento per i mesi più freddi d’inverno costa una media di 260 € contro i 1.000 € del gasolio. Alle stazioni di servizio si sono iniziati a vendere ciocchi di legna e sacchi di carbone, mentre qualcuno si è messo ad abbattere illegalmente gli alberi di boschi e parchi fuori città, e a volte anche quelli dei giardini comunali. La concentrazione di sostanze inquinanti nell’aria di Atene, nel 2013, ha superato di 15 volte i livelli di guardia, con ovvi rischi per la salute pubblica e danni in particolare per chi, spenti i riscaldamenti centralizzati, si è affidato a stufe a legna inefficienti e pericolose, poste in appartamenti poco ventilati.
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