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Un diamante è per sempre. O no? [EN]

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Due articoli ci portano a conoscere in profondità uno dei mercati più bizzarri e misteriosi di sempre, quello dei diamanti.

Il primo, dall’archivio dell’Atlantic, (link alternativo) ripercorre un secolo di storia del mercato dei diamanti. Un secolo che si snoda tra modernissime campagne promozionali e di influenza dell’opinione pubblica, spericolate manovre di cartello e accordi di produzione, tutto con il solo scopo di costruire e mantenere un mercato stabile.

Tutto comincia alla fine del XIX secolo. La scoperta delle immense miniere di diamanti del Sudafrica minaccia di trasformare quello che prima di allora era un gioiello da monarchi in una banale pietra semipreziosa. In tutta risposta, per preservare il controllo sull’offerta di diamanti, viene fondato in Sudafrica un conglomerato in cui rapidamente confluiscono tutti gli interessi diamantiferi del mondo. Nasce così la De Beers, incontrastato monopolista del mercato dei diamanti. L’operazione è un completo successo e assicurerà stabilità al mercato e al prezzo dei diamanti. Tuttavia, c’è bisogno di un mercato per tutte quelle pietre preziose.

The diamond invention is far more than a monopoly for fixing diamond prices; it is a mechanism for converting tiny crystals of carbon into universally recognized tokens of wealth, power, and romance. To achieve this goal, De Beers had to control demand as well as supply. Both women and men had to be made to perceive diamonds not as marketable precious stones but as an inseparable part of courtship and married life.

Nel 1938 De Beers ingaggiò una delle principali agenzie pubblicitarie degli Stati Uniti, N. W. Ayer. Lo scopo era semplice: creare un mercato statunitense dei diamanti che garantisse una vendita costante di pietre e che, soprattutto, scoraggiasse i possessori di quelle pietre dal venderle, a loro volta.

Specifically, the Ayer study stressed the need to strengthen the association in the public’s mind of diamonds with romance. Since “young men buy over 90% of all engagement rings” it would be crucial to inculcate in them the idea that diamonds were a gift of love: the larger and finer the diamond, the greater the expression of love. Similarly, young women had to be encouraged to view diamonds as an integral part of any romantic courtship.

La strategia, che coinvolse in maniera coordinata l’utilizzo delle celebrità, in particolare cinematografiche, le campagne a stampa sui periodici “maschili” e “femminili”, ma vide anche il coinvolgimento della principessa Elisabetta del Regno Unito, fu un successo fin da subito. In pochissimi anni le vendite statunitensi di diamanti subirono una crescita vertiginosa, sia in volume che in valore. Ma De Beers, ed N. W. Ayer, rimasero sempre molto attenti a monitorare e raffinare le condizioni del mercato. Nei decenni successivi, per far fronte alle mutate condizioni, De Beers lanciò una campagna di parallelo successo in Giappone, letteralmente importando la tradizione dell’anello di fidanzamento. In seguito, fu introdotta negli Stati l’usanza di regalare un anello in brillanti per un anniversario di matrimonio.

Tuttavia, accanto a queste modernissime strategie industriali e promozionali, il mercato di intermediari ed intagliatori resta un mondo chiusissimo ed arcaico. Un articolo dello Smithsonian Magazine ci porta tra le vie e le botteghe del mercato dei diamanti di New York. Ancora oggi, sulla 47esima Strada, mercanti ed artigiani, quasi tutti ebrei o indiani, fanno affari in piccole ed affollate botteghe. Gli intermediari comprano e vendono valigette di diamanti, assolutamente anonime, in un mondo che si basa su un solo valore fondamentale: la fiducia. Senza la possibilità di avere garanzie concrete contro furti e truffe, il mondo dei diamantari si è strutturato come un mondo chiuso, con fortissimi legami familiari e comunitari, in cui tutti si conoscono e nessun errore è permesso. Basta mancare un pagamento per avere la reputazione completamente rovinata ed essere escluso per sempre da qualunque transazione.


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