A cura di @Perodatrent.
Un articolo del Pacific Standard spiega che, sebbene, oggi siamo abituati a considerare la doccia uno strumento di igiene e di piacere, una volta non era così. Fino a poco più di un secolo fa le persone facevano il bagno -raramente- in qualche tipo di vasca: sono stati i medici a immaginare la doccia-terapia.
Viste le probanti evidenze dell’effetto dell’acqua fredda sulle patologie traumatiche e reumatiche, e provvisti delle spiegazione positiva dell’infiammazione cerebrale come causa di disturbi nervosi, i medici cominciarono a usare le docce fredde per curarli, avendo ben presente come l’effetto fosse mediato anche e soprattutto dalla paura del trattamento.
Nello stesso tempo anche le carceri stavano cercando un metodo di punizione più umano delle bastonate, e lo trovarono nell’uso delle docce fredde, che però si dimostrarono piuttosto pericolose nelle dosi e modalità somministrate in carcere.
“That hydropathy can kill—and that it may kill—in the hands of the ignorant practitioner—is perfectly true,” Dr. Joel Shew wrote in The Water Cure in 1844. “It would not be worth two straws if it could not. For that which, when abused, can do no harm, cannot be capable of much good when properly used.”
Col tempo questi effetti collaterali dell’idroterapia carceraria portarono al loro abbandono come metodo di punizione ma -come è capitato per altre tecniche- ad una diversa applicazione pratica. La scoperta che alcune malattie erano dovute ad agenti infettivi, e che una maggiore igiene poteva prevenirle, portò alla adozione delle docce (stavolta con acqua riscaldata) come metodo per impedire la diffusione delle malattie. La stessa idea si diffuse poi anche nelle case private, fino ad arrivare alla diffusione pressoché universale delle docce nel mondo sviluppato.
Immagine da Wikimedia.
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