A cura di @namelotron.
Un reportage del New York Times da Manus (Papua Nuova Guinea) descrive le condizioni di vita dei migranti diretti verso l’Australia e spediti dal governo di Sidney nella loro ex colonia in cambio di aiuti economici.
La situazione si protrae da tre anni con conseguenze pesanti sulle condizioni dei rifugiati.
The toll among Burmese, Sudanese, Somali, Lebanese, Pakistani, Iraqi, Afghan, Syrian, Iranian and other migrants is devastating: self-immolation, overdoses, death from septicemia as a result of medical negligence, sexual abuse and rampant despair. A recent United Nations High Commissioner for Refugees report by three medical experts found that 88 percent of the 181 asylum seekers and refugees examined on Manus were suffering from depressive disorders, including, in some cases, psychosis.
I rifugiati sono nascosti alla vista dei giornalisti (il reporter è entrato senza permesso), i contractors che lavorano al campo non possono parlare della situazione e una legge prevede il carcere per i whistle-blowers.
Con il governo australiano determinato a non concedere l’ingresso dei rifugiati a nessun costo, l’unica speranza sembra essere quella di un accordo con gli USA
The result is a one-time agreement with the United States, announced last month. America will, over an unspecified period, take in an unspecified number of the refugees, with priority going to the women, children and families who are on Nauru. The single men on Manus would presumably bring up the rear, if accepted at all with Trump in office.
Immagine di Australian Government via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0
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