Su Il Tascabile, la recensione a firma di Graziano Graziani del thriller di Herbert Lieberman intitolato Caccia alle ombre. Uscito negli Stati Uniti nel 1989, Caccia alle ombre è stato riproposto in Italia nel giugno scorso dalla casa editrice Minimum Fax.
La vera protagonista di Caccia alle ombre è la città. La New York verticale e accelerata che abbiamo imparato ad amare e riconoscere in centinaia di migliaia di fotogrammi di film e in altrettante pagine di romanzi. La Grande Mela vanta una caratteristica che probabilmente la rende unica al mondo: per quanto altre città e altri luoghi abbiano assunto nel tempo un valore iconico, andare a New York per la prima volta significa quasi certamente sperimentare la sensazione di esserci già stati. Di essere stati, cioè, in strade che in realtà non si è calcato mai. In buona sostanza New York ha un doppio, una città doppia che si sovrascrive costantemente a quella reale e che le dona un’ambiguità di fondo che è in grado di trasformare la città luccicante e lussuosa in una città feroce, umbratile, pronta a mordere. Il tema del doppio è anche uno degli elementi su cui Herbert Lieberman ha costruito Caccia alle ombre, un noir adrenalinico tutto giocato sul dipanarsi e infittirsi di un’indagine che non cerca soltanto la soluzione a una serie di efferati omicidi, ma cerca una porta sull’abisso che li ha spalancati.
Scrittore di romanzi polizieschi, noir e horror, ma anche drammaturgo, Herbert Lieberman – classe 1933, originario di New Rochelle, nello stato di New York – ha una parabola letteraria non scontata, avendo conosciuto il successo in tarda età. Precisamente nel 1977, quando gli viene assegnato il Grand Prix della Litèrature Policiere grazie al romanzo Città dei morti, primo di una trilogia (interamente pubblicata e tradotta italiano da minimum fax) che prosegue con Fiore della notte e si conclude con questa uscita recente (per noi in Italia, il romanzo è del 1989) di Caccia alle Ombre.
Immagine da Dominio Pubblico.
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