Un articolo di Sean McMahon di The Conversation sulle motivazioni della missione della sonda marziana Perseverance e sulla scelta del sito, il cratere Jezero su Marte.
Il rover della NASA, Perseverance, ha raggiunto un luogo promettente per la ricerca di vita fossilizzata su Marte. Mentre noi svolgiamo le nostre attività quotidiane sulla Terra, un robot alimentato a energia nucleare delle dimensioni di una piccola auto sta vagando su Marte alla ricerca di fossili. A differenza del suo predecessore, Curiosity, il rover Perseverance è esplicitamente destinato a “cercare potenziali prove di vita passata”, secondo gli obiettivi ufficiali della missione.
Il cratere Jezero è stato scelto come sito di atterraggio principalmente perché contiene i resti di antichi fanghi e altri sedimenti depositati dove un fiume si scaricava in un lago più di 3 miliardi di anni fa. Non sappiamo se c’era vita in quel lago, ma se c’era, Perseverance potrebbe trovare prove di essa.
Possiamo immaginare Perseverance che si imbatte in grandi fossili ben conservati di colonie microbiche – forse somiglianti ai “stromatoliti” concrezioni a forma di cavolo che batteri alimentati dalla energia del Sole producevano lungo le antiche coste terrestri. Fossili come questi sarebbero abbastanza grandi da essere visti chiaramente con le telecamere del rover e potrebbero anche contenere prove chimiche di vita antica, che gli strumenti spettroscopici del rover potrebbero rilevare.
Tuttavia, anche in scenari così ottimistici, non saremmo completamente sicuri di aver trovato fossili fino a quando non potremmo vederli al microscopio nei laboratori sulla Terra. Questo perché è possibile che le caratteristiche geologiche prodotte da processi non biologici assomiglino ai fossili. Questi sono chiamati pseudofossili.
Ecco perché Perseverance non sta solo cercando fossili in situ: sta raccogliendo campioni. Se tutto va bene, circa 30 campioni saranno riportati sulla Terra da una missione successiva, che viene pianificata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
All’inizio di aprile, la NASA ha annunciato che un campione particolarmente intrigante, il 24° per Perseverance e informalmente chiamato “Comet Geyser”, si è unito alla crescente collezione del rover. Questo proviene da un affioramento chiamato Bunsen Peak, parte di un deposito roccioso chiamato Margin Unit che è vicino al bordo del cratere. Questa unità rocciosa potrebbe essersi formata lungo la costa dell’antico lago.
Gli strumenti del rover hanno mostrato che il campione di Bunsen Peak è dominato da minerali carbonatati (il principale costituente di rocce come il calcare, la creta o calcilutite e il travertino sulla Terra). I piccoli grani di carbonato sono cementati insieme con silice pura (simile all’opale o al quarzo). Il comunicato stampa della NASA cita Ken Farley, scienziato del progetto Perseverance, che dice: “Questa è la tipologia di roccia che speravamo di trovare quando abbiamo deciso di indagare il cratere Jezero”.
Ma cosa c’è di così speciale nei carbonati? E cosa rende il campione di Bunsen Peak particolarmente eccitante dal punto di vista dell’astrobiologia, lo studio della vita nell’Universo? Beh, prima di tutto, questa roccia potrebbe essersi formata in condizioni che riconosceremmo come abitabili: in grado di sostenere il metabolismo della vita come la conosciamo.
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