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Cercapersone esplosi: una ricostruzione

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La mattina del 17 settembre in Libano e in Siria migliaia di cercapersone sono esplosi nel giro di pochissimo tempo. Erano i dispositivi utilizzati da Hezbollah, il partito-milizia sciita intervenuto nel conflitto Israele-Hamas dopo il 7 ottobre. Il gruppo aveva chiesto ai suoi membri di abbandonare i telefoni cellulari per timore che potessero essere localizzati o intercettati da Israele e si era affidato a una tecnologia considerata meno tracciabile, meno a rischio di diventare una firma per assassinii mirati. In un discorso televisivo di oltre sei mesi fa, il segretario generale Hassan Nasrallah aveva invitato i membri di Hezbollah e le loro famiglie nel sud del Libano a rinunciare ai propri cellulari. “Spegnetelo, seppellitelo, mettetelo in una cassa di ferro e chiudetelo a chiave”, aveva detto a febbraio. “Fatelo per amore della sicurezza e per proteggere il sangue e la dignità delle persone”.
Giovedì, dopo le esplosioni, lo stesso Nasrallah ha affermato che i vertici di Hezbollah avevano ancora dei vecchi cercapersone, mentre quelli nuovi utilizzati nell’attacco sarebbero stati spediti negli ultimi sei mesi. Il gruppo ha avviato un’indagine sulle esplosioni. “Il nemico sapeva che i cercapersone erano 4.000”, ha aggiunto.

Secondo fonti della sicurezza libanese raccolte da CNN, Hezbollah avrebbe dunque acquistato i cercapersone mesi fa e il 17 settembre tali dispositivi sarebbero esplosi simultaneamente dopo aver ricevuto un messaggio (dopo aver suonato, secondo fonti libanesi). Secondo un articolo del NYT che cita funzionari americani, Israele avrebbe piazzato cariche esplosive accanto alla batteria di ogni cercapersone, oltre a un meccanismo per la detonazione. La maggior parte dei cercapersone sarebbero stati del modello AR-924 dell’azienda Gold Apollo, ma altri tre modelli erano inclusi nella spedizione.

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