Doppiozero pubblica la recensione a firma di Mario Barenghi di Spatriati, il romanzo dello scrittore pugliese Mario Desiati, vincitore del Premio Strega.
All’indomani dell’assegnazione del Premio Strega, qualcuno ha parlato di «caso Desiati». Bisognerebbe però intendersi su che cosa sia, letterariamente parlando, un «caso». Come definizione provvisoria, potremmo convenire che si dà un «caso» quando le valutazioni critiche su un’opera platealmente divergono: o fra di loro – ciò che per qualcuno è un capolavoro per altri è un fiasco – o rispetto all’immagine accreditata di uno scrittore – ciò che per qualcuno è positiva novità per altri è regresso, peggioramento, tradimento di una vocazione. Si è verificata per Desiati una di queste due condizioni?
Il romanzo in questione celebra una sessualità fluida, cosa che viene citata per capire quanto un messaggio di questo tipo possa essere accettato dalla popolazione italiana:
Da questo punto di vista il dato più interessante sarà il successo di vendite del libro. Se supererà una certa soglia – un riferimento appropriato potrebbe essere costituito dalla fortuna del primo libro di Roberto Saviano, Gomorra (2007) – si potrà dire che Spatriati avrà inciso sulla mentalità del pubblico, e che l’idea della libertà degli «irregolari» (per riprendere un termine che lo stesso autore ha usato in più di un’intervista) si sarà fatta strada: cosa che non potrà che costituire, su un piano culturale generale, un titolo di merito per Desiati.
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