L’articolo dal titolo “Ecobalyse : comment fonctionne l’outil qui va noter l’impact environnemental des vêtements” pubblicato su Nouvel Obs affronta l’argomento dell’impatto ambientale dei vestiti e presenta l’Ecobalyse, uno strumento che valuta l’impatto ecologico dei capi di abbigliamento.
L’articolo sottolinea l’importanza di considerare l’impatto ambientale dell’industria della moda e la necessità di strumenti per misurarlo. L’Ecobalyse è uno strumento sviluppato da esperti francesi che valuta l’impatto ambientale degli abiti tenendo conto di vari fattori.
Analizza i materiali utilizzati per i vestiti, considerando la loro provenienza, la loro lavorazione e il loro impatto sull’ambiente, valuta l’impatto delle fasi di produzione, come la fabbricazione, la tintura e l’assemblaggio. Ecobalyse considera anche l’impatto del trasporto dei vestiti dal produttore al consumatore ed esamina l’uso dei vestiti, inclusi lavaggio, manutenzione e durata. Lo strumento poi valuta le opzioni di smaltimento dei vestiti alla fine della loro vita utile.
Ecobalyse assegna un punteggio ai vestiti in base al loro impatto ambientale che dovrebbe aiutare i consumatori a prendere decisioni informate quando acquistano capi d’abbigliamento. Ad esempio, un vestito con un punteggio basso avrà un impatto ambientale ridotto rispetto a uno con un punteggio alto.
L’obiettivo dell’Ecobalyse è sensibilizzare i consumatori e l’industria della moda sull’impatto ambientale dei vestiti e incoraggiare i produttori a migliorare le loro pratiche per ridurre l’impatto ecologico.
Ne parla anche il sito del Ministero per la transizione ecologica francese:
L’etichettatura ambientale sull’abbigliamento è una misura d’impatto costruita intorno al suo costo ambientale. Più alto è il risultato, maggiore è il costo per l’ambiente. Questo risultato è espresso in “punti di impatto”. Questo costo ambientale riguarda tutte le dimensioni dell’impatto ambientale di un indumento. Come un prezzo (in €), un valore nutrizionale (in kcal) o un punteggio di carbonio (in kg di CO2e), il costo ambientale quantifica l’impatto di ogni prodotto.
L’etichettatura ambientale tiene conto di:
- emissioni di gas a effetto serra;
- danni alla biodiversità;
- consumo di acqua e di altre risorse naturali;
- sostenibilità
- gli effetti dell’inquinamento ambientale.
Ne dà notizia anche Repubblica:
Dopo il ‘nutriscore’ per gli alimenti e l’indice di riparabilità per i dispositivi elettronici e gli elettrodomestici, presto sarà possibile misurare l’impatto ambientale dei vestiti. È quanto promette il governo francese che sta pensando a una sorta di ‘etichetta’ ambientale tessile da presentare questo autunno prima, forse, di essere resa obbligatoria nel 2025. L’ecoscore dell’abbigliamento assumerà la forma di un punteggio “che potrà andare da zero a infinito”, tenendo conto “di tutti i costi ambientali del ciclo di vita di un capo” , ponderato dalla “durabilità” del prodotto, legata al suo materiale, dalla possibilità di ripararlo o mantenerlo facilmente o anche dall’incentivo a non rinnovarlo troppo spesso, come ha annunciato il Ministero della Transizione Ecologica. “Più basso è il punteggio, meno il capo ha impatto ambientale e quindi più è virtuoso”, ha indicato il ministero, che vuole così consentire ai consumatori “di confrontare i capi tra loro in maniera semplice” e così “renderli più responsabili nei loro acquisti” senza farli sentire in colpa, poiché il prezzo non dovrebbe più essere l’unico criterio di scelta. Un simulatore di calcolo destinato ai marchi chiamato ‘Ecobalyse’ è stato messo a disposizione dei professionisti qualche giorno fa. Una volta testato il nuovo dispositivo dovrebbe essere presentato a maggio come parte di un decreto, prima di essere messo in servizio in autunno: in un primo tempo su base volontaria e probabilmente come norma obbligatoria in seguito.
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