Peter Schwartzstein su National Geographic parla delle condizioni del movimento ambientalista iraniano.
Solo pochi decenni fa, l’Iran vantava il movimento ecologista più green di tutto il Medio Oriente. Un’ampia rete di parchi nazionali proteggeva specie quasi esclusivamente endemiche. I fiumi del Paese fornivano acqua potabile, l’inquinamento atmosferico era minimo. Ma ora i parchi vengono inglobati nei piani di sviluppo, i corsi d’acqua del Paese si stanno esaurendo, perché né gli ambientalisti né gli attivisti osano dare voce alle proprie preoccupazioni sull’ambiente, per paura delle ripercussioni.
Molti autorevoli biologi della fauna selvatica si trovano dietro le sbarre, e così alcune delle specie uniche dell’Iran sono oggi in pericolo di estinzione, solo qualche decennio dopo che una precedente generazione di ambientalisti era riuscita a ripristinarne le popolazioni.
“Ambientalisti molto apprezzati e stimati nel settore in Iran rischiano la tortura, processi iniqui per accuse inventate e lunghi periodi di detenzione arbitraria”, afferma Richard Pearshouse, direttore del programma “Crisi e ambiente” di Amnesty International. “I funzionari e i tribunali rivoluzionari iraniani hanno di fatto annullato lo spazio civico necessario per una legittima tutela della fauna selvatica”.
Immagine da Pixabay
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