A cura di @werner58.
«… L’Italia si annoiava. Era disgustata di ogni cosa. I partiti democratici erano discesi all’ultimo gradino del pubblico disprezzo (…) Nessun uomo alle viste, che affidasse di un miglior avvenire. Qualunque cosa era meglio che quella stagnazione universale: questa “qualunque cosa”, i giornali quotidiani la presentavano nella “conquista della Terra Promessa” (…) In poco tempo i giornali furono sopraffatti dall’impazienza isterica dei lettori: chi le diceva più grosse, vendeva copie di più; a furia di dirle l’uno più grosse dell’altro, a mezzo settembre ogni freno alle follie sparì.»
Gaetano Salvemini scriveva queste parole nel 1914, poco dopo l’invasione italiana di Tripolitania e Cirenaica.
L’avventura coloniale italiana, di cui Salvemini era stato uno dei pochi oppositori pubblici, era stata preparata da una delle prime campagne propagandistiche di massa a mezzo stampa. I trucchi impiegati cento anni fa per costruire l’immagine ingannevole di una Libia ricca, fertile e in attesa di liberazione dagli oppressori (turchi) ricordano molto da vicino le fake news moderne, per quanto fossero per certi versi molto più rozzi e sfacciati di quanto ci si possa permettere oggi.
In lungo intervento di quasi un’ora*, datato 2011, Giovanni Cattabriga (conosciuto anche come Wu Ming 2) racconta come venne creato il supporto per il colonialismo nell’Italia postunitaria, superando le riserve di chi si rifiutava di diventare “l’austriaco di qualcun’altro” e inneggiando alla guerra come unico modo di forgiare un popolo unito.
*Chi fosse interessato soprattutto alla parte “divertente” può iniziare intorno al minuto 26, dove inizia il racconto della tragicomica detection con cui Salvemini, destreggiandosi fra falsi dignitari dell’Impero Britannico, falsi rapporti di veri esploratori italiani e impossibili citazioni di Nietzsche, si impegnò a sbufalare un falso documento fatto circolare nel 1911.
Immagine da Wikimedia Commons.
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