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I cercapersone erano l’innesco della guerra

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Purtroppo è ormai evidente come l’esplosione dei cercapersone fosse solo la prima fase di una campagna più grande.

Una campagna militare, anzi, chiamiamola pure col suo nome, una guerra, che viene aperta da un’operazione di intelligence preparata da anni, che prevede l’infiltrazione di Hezbollah (probabilmente anche umana, HUMINT, o Human Intelligence), una manipolazione della catena di approvvigionamento dei cercapersone, la creazione di società a fare da intermediari, e una parte diciamo “cyber”, su cui ancora è uscito molto poco, che consiste nella capacità di attivare i dispositivi riempiti di esplosivo a distanza in modo coordinato.

“Creare diffidenza nei confronti dei dispositivi di comunicazione all’interno di Hezbollah potrebbe essere una tattica mirata di Israele per “preparare lo spazio di battaglia” in vista delle imminenti operazioni militari israeliane contro il Libano”, aveva commentato a caldo su Wired Usa Thomas Rid, professore di studi strategici alla Johns Hopkins University e autore di Active Measures, specializzato in operazioni di disinformazione e influenza. “Rid paragona l’operazione agli attacchi informatici o fisici alle infrastrutture di “comando e controllo” all’inizio di un conflitto, come gli sforzi degli Stati Uniti, documentati nel libro Playing to the Edge dell’ex capo dell’NSA Michael Hayden, di distruggere le comunicazioni dell’esercito iracheno basate sulla fibra ottica nel 2003, per “indirizzare” le forze armate del nemico verso comunicazioni via radio più facilmente intercettabili”, scrive Wired.
Che continua: “Questo porta gli attacchi al comando e controllo a un livello completamente nuovo”, afferma Rid. “Hanno inviato il messaggio: ‘No, non ci limitiamo a penetrare questi dispositivi e a sorvegliarvi, li facciamo letteralmente saltare in aria, togliendovi la fiducia che potevate avere nel vostro comando e controllo e anche in qualsiasi dispositivo futuro che potreste procurarvi”.

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