L’Iguana, di Anna Maria Ortese, è una favola stralunata e complessa. La trama – le vicende di un ricco milanese che su un’isola semi-deserta del Mediterraneo scopre un’iguana antropomorfa – procede in maniera elusiva per passaggi veloci e onirici, fantastici, spesso assurdi. Come quasi ogni libro di Ortese, anche L’Iguana – che è il suo primo romanzo, uscito nel 1965 a trent’anni dalla pubblicazione dei primi racconti –, ruota attorno alla paura che non possa esistere un rapporto pacifico tra natura e società moderna, che nell’incontro tra umano e non-umano ci sia ormai spazio solo per il conflitto e il martirio.
Cerchiamo di raccontare in che senso, e seguiamo L’Iguana a partire dal riassunto di poche righe che la stessa Ortese ne fa nella raccolta di saggi Corpo Celeste
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