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Il 18 brumaio di OpenAI

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“Sbattete fuori tutta questa gente!”. Osservando quanto accaduto al consiglio di amministrazione di OpenAI, mi è venuta in mente questa fraseattribuita a Murat nei confronti dell’aula del Consiglio dei Cinquecento, quando Napoleone con un colpo di Stato mise fine alla Repubblica e al Direttorio, facendo iniziare il Consolato.
Solo che invece del generale francese mi immagino quelle parole sulla bocca di qualche investitore, nel momento in cui ha realizzato come il board no profit che controlla la società for profit, valutata 80 miliardi di dollari, avesse improvvisamente fatto fuori il proprio Ceo, Sam Altman, senza una spiegazione apparente. Per poi implodere in un delirio di cinque giorni che ha lasciato esterrefatti anche i commentatori tech più scafati (ho raccontato questa prima parte nella scorsa newsletter).

Licenze storiche a parte, scrivo così perché secondo il Wall Street Journal Satya Nadella, il Ceo di Microsoft, e Kevin Scott, il suo CTO, sarebbero stati fondamentali nel far reintegrare Altman a capo di OpenAI, e che tale soluzione sarebbe stata quella considerata ideale dal colosso di Redmond.

“Quando il consiglio di amministrazione si è ritorto contro Altman, Altman si è immediatamente rivolto a Nadella”, scrive il WSJ, spiegando come da subito i due abbiano discusso al telefono su come riportare l’ex Ceo in OpenAI o su come farlo entrare a Microsoft con un seguito di ricercatori. “Ma il risultato ideale per Microsoft era che Altman tornasse in OpenAI come Ceo, secondo una persona a conoscenza delle idee di Nadella. Aprendo le porte di Microsoft al team di OpenAI, Nadella ha aumentato il potere contrattuale di Altman per riavere la sua posizione, mentre il consiglio di amministrazione della stessa OpenAI si trovava di fronte a un esodo”.

Microsoft ha investito prima 3 miliardi, e più recentemente altri 10, nella società che ha sviluppato ChatGPT, ma non aveva un posto nel consiglio di amministrazione della no profit che controlla la società profit (e il cui obiettivo non sarebbe, da statuto, il beneficio degli investitori, ma quello dell’umanità), “poiché temeva che un’influenza eccessiva avrebbe allarmato le autorità di regolamentazione sempre più aggressive”, scrive ancora il WSJ.

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