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Il fascino dell’artista autodidatta

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The New York Times Style Magazine indaga in un articolo di Max Lakin le ragioni per cui siamo attratti dagli artisti che non hanno ricevuto un’istruzione formale, ma che hanno creato le loro opere al di fuori dei canoni riconosciuti, rifiutandosi di aderire a percorsi predefiniti, in una sorta di anticonformismo che resta lontano dal sistema scolastico.

Come molti concetti, l’idea dell’artista autodidatta è spesso utilizzata come strumento di marketing. Piuttosto che essere tenuti in disparte, gli artisti autodidatti riempiono regolarmente i roster delle gallerie più importanti, e in modo piuttosto visibile: La frase appare spesso in cima ai comunicati stampa, più che un disclaimer un giudizio di valore, come se il fatto illuminasse qualche qualità ineffabile del lavoro di un artista, come a dire: “Non è qualcosa?”. C’è un po’ di misticismo legato a questo concetto, come se le informazioni visive fossero state teletrasportate da un luogo spirituale e sconosciuto e quindi fossero in qualche modo più oneste. Come scrisse Dubuffet (che frequentò una scuola d’arte): “Le opere nate dalla solitudine e da impulsi creativi puri e autentici – dove non interferiscono le preoccupazioni della competizione, dell’acclamazione e della promozione sociale – sono, proprio per questi fatti, più preziose delle produzioni dei professionisti”. L’educazione, in altre parole, non fa che diluire la vera espressione.

Sul New Yorker E. Tammy Kim intanto narra la storia di un artista autodidatta, Oh U-Am,  in un articolo dal titolo The Self-Taught Artist Whose Work Tells the History of Modern Korea.

Uno dei pochi critici d’arte coreani che si sia mai occupato dell’opera di Oh l’ha definita surrealista; un altro ha notato sovrapposizioni stilistiche con Balthus e de Chirico. Mi vengono in mente anche i paesaggi popolati di Grandma Moses o Francis Guy. Le influenze consapevoli di Oh sono più dirette. Mi ha detto che ammira Park Su-geun, un pittore coreano autodidatta e di breve durata, nato nel 1914, che ha usato tecniche post-impressioniste per rappresentare la vita tradizionale in campagna. A Oh piacciono anche Monet e van Gogh, uomini che hanno dipinto il loro mondo come lo vedevano. “I quadri di mio padre non sono assolutamente surrealisti. Sono realisti”, ha detto So-young.

Per finire con qualcosa in italiano ci appoggiamo al blog Didatticarte che ha scritto un pezzo sul tema degli autodidatti nell’arte dal titolo “Artisti senza studiare?”.


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