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Il lato oscuro dell’empatia

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Su Doppiozero, Andrea Pinotti riflette sul concetto di empatia passando in rassegna una serie di lavori.

Essere empatici. Più che un invito o un auspicio, un dovere, un imperativo categorico. Fra i vari diktat che periodicamente e freneticamente si susseguono nel mainstream del discorso culturale, questo comando a mettersi nei panni degli altri – nelle loro scarpe o nella loro pelle, come preferiscono dire rispettivamente gli inglesi e i francesi – sembra particolarmente longevo e resistente. Correva il 2006 (un’era fa, se misurata con il cronografo delle mode), e Barack Obama, rivolgendosi agli studenti della Northwestern University di Chicago, lamentava un “empathy deficit”: “In questo paese si parla molto del deficit federale. Ma credo che dovremmo parlare di più del nostro deficit di empatia: la capacità di metterci nei panni di qualcun altro, di vedere il mondo attraverso chi è diverso da noi, il bambino che ha fame, l’operaio in cassa integrazione, l’immigrata che pulisce la tua stanza nello studentato”.

L’autore introduce poi il concetto di empatia negativa.

Fortunatamente, in questi ultimi anni si è sviluppata in controcanto una riflessione che ha puntato ad arginare questa semplicistica caricaturizzazione dell’empatia, esplorandone opportunamente i lati più oscuri, subdoli e inquietanti. Se Simon Baron-Cohen (La scienza del male. L’empatia e l’origine della crudeltà, pubblicato nel 2011 e tradotto in italiano per Cortina) aveva sostenuto che l’“evil” nell’uomo è dovuto a una forma di “empathy erosion”, Anna Donise ha controbattuto osservando che “l’empatia può essere una preziosa alleata della crudeltà” (Critica della ragione empatica. Fenomenologia dell’altruismo e della crudeltà, il Mulino, 2019). Questo dark side si chiama “empatia negativa”.

E’ con il libro di Stefano Ercolino e Massimo Fusillo,  Empatia negativa. Il punto di vista del male (Bompiani, 2022), che Andrea Pinotti termina questa sorta di viaggio nell’empatia:

Due sono gli assi portanti che strutturano il libro: da un lato, un esame delle componenti teoriche che informano il concetto di empatia negativa, condotto in una prospettiva interdisciplinare e intermediale; dall’altro un’indagine di casi di studio esemplari, tratti da ambiti diversi e anche molto eterogenei dell’ambito delle arti (letteratura, teatro, melodramma, performance, pittura, fotografia, installazioni, cinema, televisione) e affrontati non solo in un’ottica comparativa, ma anche in un costante dialogo e feedback con la dimensione della concettualizzazione.

Grazie a questo libro possediamo ora uno strumento prezioso per correggere il tiro riguardo a un concetto, quale quello di empatia, che come pochi altri si è inflazionato in questi ultimi vent’anni, diluendosi nella retorica del “vogliamoci bene”.


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