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Il libero arbitrio è un’illusione

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Su Doppiozero, la recensione a firma di Pino Donghi del libro Neurobiologia della volontà, l’ultimo lavoro del neuroscienziato Arnaldo Benini, ordinario di Neurobiologia e Neurochirurgia presso l’Università di Zurigo.

La domanda di partenza è una di quelle che più classica non si può: perché facciamo quello che facciamo, e cosa determina il nostro comportamento? La risposta, in estrema sintesi, è la seguente: “L’uomo si illude di decidere, mentre in realtà non fa ciò che vuole ma – al meglio, aggiungeremmo noi – vuole ciò che fa […] L’illusoria libertà dell’arbitrio è un espediente evolutivo della mente emerso e selezionato per conciliare l’uomo con la propria interiorità, alla quale attribuisce e riconosce la capacità di decidere. [Il senso di essere liberi] è prezioso perché aiuta ad accettare la vita.” Niente di più.

[…]

C’è stato un tempo ovviamente – e certo, almeno fino agli anni ’60 del secolo scorso – quando l’evidenza per cui la domanda fosse filosofico-teologico poteva andare de plano, ma dalle ricerche e dalle scoperte, prima di Hans Helmut Kornhuber e poi di Benjamin Libet, circa sessanta’anni orsono, la volontà come aspetto essenziale dell’autocoscienza e della moralità diventa campo centrale delle neuroscienze.

Dati assai corroborati (le certezze assolute non appartengono al mondo della scienza) confermano che decisioni e azioni sono prodotti dalla macchina elettrochimica del cervello; le tecniche del neuroimaging mostrano che i meccanismi nervosi della coscienza vengono attivati quando i centri della decisione sono attivi già da un po’: io, tu, voi, noi tutti ci illudiamo di decidere. Come sostiene il neuropsicologo Louis Cozzolino, il libero arbitrio è un’illusione benefica per la sopravvivenza perché trasmette sicurezza di sé, e come abbiamo anticipato all’inizio, non facciamo ciò che vogliamo ma vogliamo (dopo) ciò che abbiamo già fatto (prima).

 


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