Piergiorgio Pescali su il Manifesto racconta la Corea del Nord (alt), un paese da sempre considerato refrattario ai cambiamenti che in realtà ha avviato riforme di fondo, soprattutto in economia. Emerge una nuova classe urbana legata al commercio globalizzato, con nuovi stili di vita (cellulari, soap opera dal Sud, scambi privati) che sopperisce alle mancanze del regime e di fatto lo sostiene.
Pescale incominincia descrivendo alcune riforme del regime che ha allentato le maglie della repressione, per esempio sulle «condanne collettive»:
ANCHE SUL TEMA dei diritti umani. Da almeno tre lustri le maglie del governo verso chi contesta la politica del Partito del Lavoro sembrano infatti «allentate». Le condanne, che prima erano collettive, oggi colpiscono solo l’individuo permettendo alla propria famiglia di continuare a vivere in libertà, seppur con alcune gravi restrizioni (non sono possibili trasferimenti in città, iscrizioni al Partito, lavorare in uffici pubblici considerati di vitale importanza per il Paese). Le stesse condizioni all’interno dei campi sembrerebbero migliorate, con una maggiore flessibilità dell’amministrazione carceraria nel considerare le esigenze umanitarie dei prigionieri.
Ma i cambiamenti più importanti si vedono in economia. La riforme hanno portato ad una lenta apertura della Corea del Nord all’economia di mercato. Il miglioramento della produzione agricola (grazie a nuovi mezzi, una settora capace di procurare e utilizzare parti di ricambio, la vendita privata di prodotti) ha eliminato la fame nel paese. I golmikjang (mercati non ufficiali ma tollerati dal regime) sono lo snodo di questa nuova organizzazione del lavoro.
Un nuovo benessere si riversa anche negli aspetti sociali:
Nuovi status symbol sorgono e, a testimonianza di come la nazione stia mutando, oggi non vengono più nascosti, ma addirittura ostentati. Sebbene sia impossibile comunicare con l’esterno, il numero di nordcoreani che compra telefonini è in continuo aumento, così come in aumento sono le famiglie che dispongono di frigoriferi, televisioni, radio. Lungo le strade delle principali metropoli nordcoreane non è difficile osservare adulti e ragazzi giocherellare con smartphone o farsi dei selfie. In quattro anni in Corea del Nord sono stati venduti circa tre milioni di cellulari. È tutta una classe di nuovi ricchi, i donju, che sta prendendo piede nel paese. questo drastico cambiamento sta rivoluzionando anche l’assetto sociale e politico della Corea del Nord.
Secondo Pescali questa ibridazione dell’economia nordcoreana per ora non minaccia il regime, ma lo sostiene, in quanto il “mercato” sopperisce alle mancanze del regime.
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