Alex Riley su Hakai Magazine si fa il punto sulla persistenza dell’attuale ceppo di influenza aviaria, con la domanda che tutti ci facciamo: può saltare verso un altro tipo di bipedi?
Per mesi ho seguito la copertura mediatica della devastante epidemia di influenza aviaria che ha ucciso migliaia di uccelli marini in Scozia. Nell’estate del 2022, le sule e gli uccelli marini delle isole più remote della Scozia hanno iniziato a comportarsi in modo strano. Camminavano in cerchio come se fossero intossicati. Le loro teste si gonfiavano. Trascinavano le ali flosce ai lati, con le piume che sfioravano il terreno.
L’influenza aviaria è un tipo di influenza, diffusasi oramai in larga parte del mondo, che colpisce gli uccelli (ma non solo: ci sono casi di foche, volpi rosse, orsi morti dopo il contatto con una carcassa infetta). La domanda che si pone Riley è di stretta attualità: riuscirà a fare un salto di specie e creare una pandemia simile a quella che abbiamo vissuto recentemente?
Riley spiega che vi sono quattro tipi di influenza (A, B, C, D); acuni ceppi sono tristemente famosi come l’H1N1 (responsabile della Spagnola). L’influenza aviaria (tipo A, ceppo indicato come H5N1) è divenuta così letale grazie alle particolarità degli allevamenti industriali:
Gli allevamenti di pollame sono costantemente riforniti di polli quasi identici, il che significa che un virus può continuare a diffondersi con una ferocia sempre maggiore. “Il virus non vuole farlo, non lo vuole fare, ma questo è il percorso che permette al virus di replicarsi con successo in quella popolazione”, dice Hill.
La produzione industriale di pollame ha dato forma ai tipi di influenza aviaria che ci circondano e ha aumentato la possibilità che i virus possano diffondersi nelle popolazioni umane. La maggior parte delle malattie infettive, scrive David Quammen in Spillover: Animal Infections and the Next Human Pandemic, “non ci accadono semplicemente, ma rappresentano i risultati non voluti di cose che stiamo facendo”.
Il virus si è diffuso alle Americhe secondo le rotte migratorie degli uccelli. Dall’aprile 2022 sono stati segnalati due casi di infezione umana, una nel Regno Unito e l’altra negli Stati Uniti. Non sono solo queste le preoccupazioni dei ricercatori:
Dice Digard, “mi preoccupa anche il fatto che se ci sono molti uccelli morti nell’ambiente, i gatti domestici saranno interessati, i cani saranno interessati”. Cani come Bernie. “Non vorrei davvero vedere casi di infezione di animali domestici”, aggiunge.
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