Nella Loggia degli Abati del palazzo Ducale di Genova dal 15 ottobre 2023 al 7 aprile 2024 sarà allestita la mostra Calvino cantafavole, per il centenario della nascita dello scrittore. Come racconta Finestre sull’arte, la mostra è una celebrazione del rapporto con la poetica delle fiabe di uno dei più importanti narratori italiani del secondo novecento.
Si parte dalle creazioni del sanremese Antonio Rubino per il Corriere dei Piccoli, e poi ripubblicate in Einaudi Ragazzi, per poi passare alla collaborazione di lunga durata con Emanuele Luzzati, indagata attraverso le illustrazioni del maestro genovese per le opere calviniane ma anche nelle produzioni RAI a cui Luzzati ha collaborato insieme alla costumista Santuzza Calì, di cui in mostra vengono esposti i bozzetti. Dal magico mondo dei Tarocchi, nati a Finale Ligure e rievocati in una genealogia che arriva fino a Fabrizio de André, si passa, seguendo fedelmente gli scritti dell’autore dedicati alla rappresentazione iconografica, alle visioni della sua terra, così come presentate dai pittori suoi conterranei e da artisti come Francesco Menzio ed Enrico Paulucci, ai quali era legato da un rapporto di amicizia. Alla mappa dei molti artisti di cui Calvino ha scritto, tutti legati al fantastico – da Enrico Baj a Bona de Pisis, da Domenico Gnoli a Luigi Serafini, la mostra affianca un percorso sulla fiaba declinata nei rapporti con la musica, la televisione e il teatro. Quest’ultimo aspetto viene analizzato attraverso diversi punti di vista. Da un lato produzioni firmate insieme a Toti Scialoja e Donatella Ziliotto (poi rivisitate in chiave contemporanea dal compositore John Dove e da Sue Blane, scenografa del Rocky Horror Picture Show) e al conterraneo Luciano Berio, e la turcheria mozartiana Zaide, andata in scena al Festival di Batignano ideato dallo scenografo Adam Pollock; dall’altro i lavori per teatro e televisione di Giulio Paolini, artista particolarmente caro a Calvino.
Per la mostra Electa pubblicherà il catalogo curato da Eloisa Morra e Luca Scarlini, così come un volume della collana Enciclopedie dal titolo Scialoja A-Z, a cura di Eloisa Morra. Insieme alla mostra è previsto un ricco calendario di iniziative di approfondimento che vanno da incontri e convegni per esplorare le molteplici dimensioni dell’esposizione a lezioni spettacolo con interventi di attori e studiosi dell’opera dello scrittore.
Parallelamente alla mostra nella Loggia degli Abati, Casa Luzzati offre un approfondimento del lavoro del maestro per Calvino con oltre cento opere originali. Divisa in due sezioni, il pubblico potrà ammirare l’intera collezione dei materiali del Quartetto Cetra, le copertine dei dischi delle fiabe di Calvino, le illustrazioni originali, le interviste, le scenografie per il teatro, l’opera delle filastrocche per il Barone rampante di Rai 1 a Torino.
Niccolò Lucarelli su Artribune dedica un articolo alle celebrazioni del centenario della nascita di Italo Calvino, nel quale descrive il rapporto dello scrittore con le favole:
L’interesse di Calvino per l’argomento si palesa prima di tutto nella curatela dei due volumi delle Fiabe Italiane, un’operazione editoriale di ampio respiro volta a salvaguardare la specificità di quel grande patrimonio orale italiano, cercando di mantenerne inalterate le peculiarità regionali e realizzare un «libro anche piacevole da leggere, popolare per destinazione e non solo per fonte», come spiegò nell’introduzione. Perché sobbarcarsi un tale immane lavoro di ricerca? Perché la fiaba rimaneva per scoprire nuove versioni della realtà, cosa quanto mai necessaria in una società che si avviava alla dittatura del pensiero omologato. E questa vitalità della fiaba spinse Calvino a inserirne alcuni elementi in molti dei suoi romanzi, come accennato di sopra, che sono altrettanti tentativi di andare oltre tornando paradossalmente indietro verso valori profondi, quali l’ordine, l’armonia, la lealtà, il rispetto. Ma la fiaba, per Calvino, è anche quel qualcosa che aggiunge all’esistenza un po’ di magia e di mistero, quel tanto di irrazionale che la rende meno ottusa e noiosa, una piccola chiave per aprire porte insospettate e percorrere sentieri “in solitaria”, sull’esempio del Barone rampante. E ancora nel 1985, preparando le Lezioni americane, che purtroppo rimarranno inutilizzate, si chiede quale possa essere la sorte della cultura orale e della fiaba, in una società alienata dalla tecnologia e sradicata dalla memoria.
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