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Gli ambasciatori verdi del Giappone

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La BBC riporta la notizia che il Giappone aveva annunciato l’invio di esperti di giardinaggio in tutto il mondo per ripristinare i giardini in stile giapponese che erano caduti in stato di abbandono.

Masao Hayakawa (1925–2010), un artista e paesaggista giapponese che col suo lavoro ha influenzato la progettazione dei giardini, nel suo libro The garden art of Japan scriveva:

L’espressione classica dell’arte del giardino giapponese è un design in cui l’arte stessa è così priva di arte da essere totalmente irrilevante.

Il giardino giapponese ha trovato spazio, come racconta la BBC, a partire dalla seconda metà dell’ottocento, anche in molti paesi occidentali:

The first overseas Japanese garden was created by the Japanese government in 1873 as part of the Vienna World Expo, and the interest it sparked led to more being built. Further Japanese gardens were created abroad as part of diplomatic initiatives after World War Two.

Il Grande Atlante dei Giardini dedica un capitolo all’espansione in occidente dei giardini giapponesi:

L’interesse per la poetica dei giardini nipponici, soprattutto negli Stati Uniti, si deve anche alla figura dell’artista paesaggista Isamu Noguchi (1904-1988) che realizza numerosissimi interventi in tutto il mondo: tra i più noti il giardino del Palazzo dell’Unesco a Parigi e il California Scenario a Costa Mesa in California. Inoltre la numerosa comunità nippo-americana ha visto molti tra i suoi componenti scegliere la disciplina paesaggistica: in questo modo la cultura orientale ha potuto dare il proprio apporto nell’ambito dell’architettura del paesaggio occidentale con maggiore accuratezza e profondità, e non solo attraverso riproduzioni formali dello stile dei giardini tradizionali.

Attualmente, scrive la BBC, ci sono circa 500 giardini giapponesi in tutto il mondo, di cui 40 sono in cattive condizioni, secondo il Ministero Giapponese del Territorio. Questi giardini richiedono potature, nuovi alberi, nuove essenze, nonché lavori sulle tradizionali lanterne di pietra che sono cadute e sulle infrastrutture come ponti, sentieri e stagni. Il tutto va fatto senza tradire lo stile e la filosofia che stanno dietro queste creazioni. I giardini giapponesi all’estero misurano circa 5.000 metri quadrati (1,23 acri) ciascuno e sono presenti in oltre 100 paesi. Il Giappone intende contribuire a preservare e promuovere la bellezza dei suoi giardini tradizionali in tutto il mondo inviando sul posto giardinieri esperti e organizzando conferenze formative che aiutino a realizzare interventi di restauro e manutenzione.

L’Ufficio Pubbliche Relazioni del Governo Giapponese parla diffusamente dei giardini giapponesi all’estero:

Japanese gardens have proven to be charming, soothing conduits for Japanese culture worldwide. Some, however, face maintenance issues due to inadequate budgets or a lack of trained staff. In 2017, Japan’s Ministry of Land, Infrastructure, Transport and Tourism responded to that situation by launching a Japanese garden overseas restoration project. The project’s aim is to revive gardens that have fallen into disrepair so that these verdant and tranquil spaces can once again spark interest in Japanese culture and inspire visitors to travel to Japan.

Veri e propri ambasciatori verdi della cultura giapponese, i giardini giapponesi sono una grande attrazione in tutto il mondo:

About a hundred and twenty years ago when world’s fairs were electrifying the U.S. and Europe, Japan’s government decided to introduce visitors to Japanese culture though arts, crafts and the charms of Japanese gardens. World War II stopped that outreach, but after it was over Japan began laying out gardens again in sister cities as a symbol of friendship. Over five hundred Japanese gardens have now sprung up all over the world. The most highly acclaimed is the Portland Japanese Garden in the U.S. state of Oregon. Professor Takuma Tono of the Tokyo University of Agriculture designed this garden, which opened in 1967. It now spans more than twelve acres, features eight different gardens, has three pavilions and attracts around 450,000 people a year—many of them repeat visitors.

Koichi Kobayashi affronta il tema delle prospettive dei giardini giapponesi all’estero in una sua pubblicazione (PDF):

Japanese garden has been said to be an important aspects of Japanese culture which nurtures international understanding and friendship. Many Japanese gardens have been built as products of attraction to things oriental, government public relations in form of expositions , friendship-sister city relationship, showing of wealth of individuals and others over the years in America and in Europe. Even though these initial roles still exist, today the role of public and private Japanese gardens, especially in North America has expanded beyond landscaping and recreation; they are used in commercial settings, for weddings and events, for cultural programs for professional medical therapy and more. I am, however, observing recurrent problems at some gardens facing changes in a name of making the gardens adapting to modern requirements and sustainability contrary o the soul of Japanese garden and problems in creation of gardens which astray from the soul of Japanese garden in my understanding.

Domus infine  ha dedicato un articolo ai giardini giapponesi e al paesaggista Tomoki Kato, nel quale emerge la difficoltà di mantenere i giardini giapponesi storici, anche in patria, senza alterarne lo spirito:

Oggi i giardini storici giapponesi affrontano situazioni molto diverse da quelle dei tempi in cui vennero creati e si rendono quindi necessari grandi sforzi per restaurarli e riportarli al loro aspetto originale.

L’articolo di Domus contiene anche riferimenti al più antico manuale di progettazione di giardini giapponese, il Sakuteiki che definisce i principi su cui deve basarsi questo stile. Il più importante di tutti è quello che recita che “nessuna pietra posata dall’uomo dovrà mai sovrapporsi al paesaggio naturale”.

Il Sakuteiki (“annotazioni sulla composizione dei giardini”) e il più antico manuale giapponese sulla progettazione dei giardini. Si ritiene sia stato scritto tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo. Vi si afferma che “nessuna pietra posata dall’uomo dovrà mai sovrapporsi al paesaggio naturale” e che “i giardini si devono creare inserendo saldamente le idee nel territorio naturale”. Questi sono i principi più importanti da applicare secondo il Sakuteiki, che contiene anche ampie descrizioni di tecniche specifiche su come sistemare le pietre o piantare gli alberi, molte delle quali sono seguite ancora oggi. I giardini giapponesi presentano molti stili differenti: dall’ampio e grandioso daimyo, un tempo appannaggio dei feudatari, all’intimo e delicato giardino del tè fino a quello secco (karesansui) dei templi Zen. Tutti, però, condividono uno stesso spirito: il rispetto della natura. L’essenza del giardino giapponese risiede poi nell’essere animato da una portentosa scenografia che non trova un corrispettivo in alcuna attività svolta dall’uomo e cui viene data espressione tramite forme differenti.

Japanese Garden TV in un video (sottotitoli in francese) spiega i contenuti di questo libro che da più di 1000 anni illustra le tecniche di progettazione dei giardini giapponesi:


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