un sito di notizie, fatto dai commentatori

La Corte Suprema di Facebook vuole il diritto di satira

0 commenti

L’Oversight Board di Facebook – il comitato per il controllo formato da un gruppo di esperti incaricati di rivedere ed eventualmente ribaltare alcune decisioni sulla moderazione di contenuti prese dal social network – si è espresso su un altro caso, dopo quello sicuramente più eclatante della rimozione dell’account di Trump, di cui avevo scritto in precedenti newsletter. Si tratta di un post che, attraverso un meme, criticava la raffigurazione del genocidio armeno da parte del governo turco. Parte della difficoltà del caso nasceva dall’intento satirico del meme, intento che non sembra essere stato registrato nella decisione iniziale di rimuovere il post. Il post era una variazione del meme dei due pulsanti, in cui viene presentata una scelta impossibile o surreale tra due opzioni. In questo caso sui bottoni l’utente aveva scritto: “Il genocidio armeno è una bugia”, e “Gli armeni erano terroristi che se lo meritavano” (una bandiera turca rappresentava la faccia di chi avrebbe dovuto scegliere).

Ora, un primo moderatore di contenuti aveva stabilito che il meme violava gli standard di comunità sui contenuti che incitano all’odio. Un secondo che invece violava gli standard di comunità in relazione a contenuti che esprimono crudeltà e insensibilità. All’utente era stato detto che il post era stato rimosso per questo secondo motivo. Dopo il suo appello, però, Facebook ha stabilito che restava valido il giudizio di violazione, ma che riguardava gli standard sull’hate speech (incitamento all’odio). Tuttavia non ha informato del dettaglio l’utente.

Già questo dovrebbe dare il senso della complessità del meccanismo. Solo che ora è intervenuta, e in modo definitivo, la cosiddetta Corte Suprema di Facebook, insomma l’Oversight Board o Comitato per il controllo. La maggioranza dei suoi componenti ritengono che il post dovesse rientrare in quelle eccezioni che permettono di condividere contenuti di odio allo scopo di condannarli o creare consapevolezza. E che l’intento del post non era, come ritenuto da Facebook, ambiguo, dal momento che le due opzioni scelte non starebbero a significare una approvazione per nessuna delle due, ma semmai mostrerebbero delle contraddizioni. Insomma, l’utente voleva condannare gli sforzi delle autorità turche di negare il genocidio armeno e nel contempo di giustificare quelle atrocità. Non solo: la maggioranza del board ritiene che il contenuto dovesse rientrare nelle eccezioni per satira, che non sono incluse in quegli standard di comunità.

Continua a leggere su Guerre di Rete, la newsletter


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.