Geeta Pillai su BNN ha pubblicato alla fine dello scorso anno un’analisi sulla crisi del riso, la cui offerta globale si restringe tra divieti di esportazione, incertezza climatica e impennata dei prezzi.
Il riso, l’alimento base per oltre la metà della popolazione mondiale, sta attualmente affrontando una crisi che ha il potenziale di ripercuotersi sulle economie globali e influenzare milioni di vite. L’innesco di questa crisi può essere fatto risalire all’India, il più grande esportatore di riso al mondo, che a luglio ha vietato l’esportazione di riso bianco non basmati. Da allora, i prezzi del riso nei principali paesi esportatori, tra cui Thailandia e Vietnam, sono aumentati di circa il 20%.
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Oltre al divieto di esportazione dell’India, la minaccia incombente del fenomeno El Niño, noto per portare un clima più caldo e secco in tutte le regioni, ha ulteriormente esacerbato le preoccupazioni.
Dal punto di vista commerciale questa crisi ha avuto ripercussioni in diversi paesi che hanno cercato di adottare contromisure con effetti di vasta portata:
Diversi paesi hanno adottato misure per affrontare la crisi imminente. Gli Emirati Arabi Uniti hanno sospeso le esportazioni e le riesportazioni di riso per quattro mesi, mentre il Myanmar prevede di interrompere temporaneamente le esportazioni di riso. L’Indonesia cerca di importare più riso dai paesi vicini per rafforzare le sue scorte. Le Filippine, d’altra parte, hanno imposto un tetto al prezzo del riso per proteggere i suoi cittadini più vulnerabili. L’Autorità nazionale per l’economia e lo sviluppo delle Filippine ha definito El Niño come un “grande fattore di disturbo”, preannunciando tempi difficili in futuro. Mentre sempre più paesi rispondono a questa crisi imponendo divieti o cercando fonti alternative di riso, il mercato globale del riso deve affrontare una crescente volatilità. L’interconnessione delle economie mondiali significa che le interruzioni in una parte della catena di approvvigionamento possono avere conseguenze di vasta portata.
E’ urgente per gli agricoltori adattarsi ai cambiamenti climatici e alle incertezze che ne derivano perchè il riso è una coltivazione molto sensibile alla disponibilità di acqua e alle temperature che possono influenzare le rese del prodotto anche a fronte di piccole variazioni.
I ricercatori dell’International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine hanno scoperto che un aumento di 1 grado Celsius della temperatura minima può comportare un calo del 10% della resa.
Yiamyut Sutthichaya su Voice of America prevede che i prezzi del riso restino elevati in tutto il mondo anche nel 2024.
Arnong Mungoei coltiva riso nella provincia thailandese di Khon Kaen da mezzo secolo. La terra coltivata a circa 500 chilometri a nord-est di Bangkok non l’ha mai reso ricco, ma le ha fornito un sostentamento affidabile. Ma dal febbraio 2022, quando la Russia ha invaso l’Ucraina, le tensioni geopolitiche globali e le condizioni meteorologiche altrove hanno sconvolto i mercati del riso e nel 2023 i prezzi mondiali del riso sono esplosi. Eppure Arnong ha detto di aver guadagnato meno di quanto abbia fatto negli ultimi anni.
La Banca Mondiale ha previsto che i prezzi del riso rimarranno alti anche nel 2024, supponendo che l’India mantenga le sue restrizioni alle esportazioni e che El Niño si manifesti con una intensità da moderata a forte (il National Weather Service degli Stati Uniti prevede che l’emisfero settentrionale, sede dei principali produttori di riso come Cina, India e nazioni del sud-est asiatico, sarà probabilmente colpito da El Niño da aprile a giugno, proprio intorno alla stagione della semina del riso in tutta l’Asia). Il rapporto sulle materie prime della banca a ottobre 2023 ha mostrato come i prezzi del riso abbiano raggiunto il punto più alto nel terzo trimestre del 2023 dalla crisi alimentare del 2007-2008, anche a causa del conflitto tra Hamas e Israele.
Questa crisi rischia di minacciare la sicurezza alimentare di circa la metà della popolazione mondiale, poiché il riso è la seconda più importante coltura cerealicola al mondo dopo il mais e costituisce l’alimento base per l’Asia, l’Africa subsahariana e il sud America.
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