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La figura pubblica di Alessandro Barbero

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Due articoli sul fenomeno mediatico di Alessandro Barbero.

Andrea Minuz su il Foglio pur riconoscendo meriti a Barbero ridicolizza la figura “pop” che si è venuta a creare dello storico (€ — alt):

Però nessuno degli altri suoi romanzi (nove sin qui) ebbe poi il successo di “Mr. Pyle”. Il “barberismo” non è un fatto di libri, ma di video. E’ presenza scenica, performance, equilibrismi, giocolerie da palcoscenico. Guardo e riguardo le conferenze su YouTube. C’è in effetti un pathos. Barbero non spiega, ma rivive, interpreta, va in trance. E’ letteralmente posseduto dal passato. E poi un senso dello show ma senza strafare, il corpo che si agita, un po’ di storytelling ma ben dosato, senza effetti speciali, stregonerie, video, power-point, ma con piglio professorale, austero, sabaudo.

Su Jacobin Italia Lorenzo Zamponi risponde a Minuz e dà la sua interpretazione sul perché la destra malsopporti Barbero, nel solco di rimostranze di lungo corso sul presunto potere dei progressisti nei media e nella cultura:

Ma l’ossessione della destra mediatica per Alessandro Barbero non si spiega solo con la volontà di picconare un pulpito da cui possono arrivare prediche sgradite. C’è qualcosa di più profondo, e il tic con cui Il Foglio lo identifica nel presunto «archetipo del professore comunista» è rivelatore. Il punto non è che Barbero abbia successo perché risponde a quell’archetipo. Il punto è che loro lo attaccano perché da quell’archetipo sono ossessionati. La denuncia del «professore comunista» si rifà a un repertorio di lunga durata, quello della «scuola in mano ai sessantottini», della «egemonia culturale comunista», dei «nostri figli traviati dai cattivi maestri»: topos tradizionali dell’anticomunismo eterno, scorciatoie cognitive per interpretare ogni dissenso, elementi strutturali della retorica della destra novecentesca, dal Richard Nixon della maggioranza silenziosa al più banale dei Silvio Berlusconi, fino ad arrivare agli strali di Matteo Renzi contro i «professoroni» che criticavano la sua illuminata riforma costituzionale. Un anticomunismo talmente eterno, da sopravvivere anche nel paese in cui non viene eletto un deputato sotto la falce e martello dal 2006, quando alcuni maggiorenni di ora non erano ancora nati.

 


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